(Adnkronos) – “E’ arrivato il gran giorno, quello in cui da imputata per un reato che non avevo commesso, ovvero la divulgazione di documenti riservati, reato dal quale sono stata invitata a difendermi proprio dal cardinale Becciu”. L’ex commissario Cosea, Francesca Chaouqui, ha preparato tutto, oltre tremila pagine di prove, una cassetta chiusa a chiave da mostrare in aula e il suo arrivo trionfante davanti alla porta del Perugino dove ai giornalisti assiepati in attesa dell’udienza del processo contro il cardinale Becciu ripete la sua intenzione di chiedere la revisione del processo Vatileaks. “Assolutamente sì. Aspettatevi una revisione del processo Vatileaks”, dice infatti ai giornalisti prima di entrare: “Si scoprirà quello che ho fatto per il Papa – aggiunge – perché aprisse gli occhi e scoprisse la verità. Oggi ci saranno grandi rivelazioni”.
“Racconterò prima come il cardinale mi ha allontanata dal Santo Padre e poi come il Santo Padre mi ha richiamato al suo fianco – spiega – come ho lottato insieme a lui affinché la trasparenza che era iniziata con la commissione Cosea è continuata. Dimostrerò come ci sia stato un vero e proprio tentativo di mettere in scacco la diplomazia pontificia sostituendola con una diplomazia parallela che veniva svolta attraverso società di intelligence assoldate da un potere occulto, che si muoveva alle spalle del Papa e lo utilizzava”. “Ho subito una condanna a 10 mesi per non aver usato la prudenza del buon padre di famiglia nel presentare i giornalisti al monsignore che ha poi rivelato segreti che non avrebbe dovuto rivelare. Oggi – spiega la lobbista – si capirà perché ho presentato quei giornalisti”.
“Non mi sono mai finta un anziano magistrato. Sono sempre stata Francesca Chaouqui. E’ Geneviève Ciferri che non voleva che monsignor Perlasca sapesse che ero io quella che stava cercando di fargli partorire la verità”, dice ancora ai giornalisti. “A me non interessava la verità processuale, era il 2020 e non esisteva un processo ai danni del cardinale. A me interessava solo che Papa Francesco sapesse qual era la verità e la sapesse dal principale collaboratore del cardinale che lo aveva usato, manovrato e truffato. Non sono alla ricerca di una riabilitazione – assicura – perché nel momento in cui Papa Francesco mi ha richiamato nel 2018 e ha saputo come erano andate le cose ho già vinto. Non sono il cardinale Becciu che ha bisogno di dire ‘il papa mi riammette al conclave, sono riabilitato’. Quello che ho fatto dal 2018 l’ho tenuto per me, perché io lavoro per il Papa, non per me né per la stampa”.
“Con la Ciferri nessun confronto, non mi confronto con nessuno. Si confronto con persone che sono sullo stesso piano”, ha continuato. “Maria Giovanna Maglie è una persona a me molto vicina – aggiunge – è la persona che mi ha presentato Geneviève Ciferri. Ha scritto un memoriale per spiegare al tribunale cosa la Ciferri volesse da lei. Contattò la Ciferri perché riteneva che monsignor Perlasca avesse subito un tentativo di omicidio all’interno della Casa Santa Marta”.
“Non esiste nulla che io faccia, abbia fatto o che farò di cui Papa Francesco non è informato. Mi dispiace per la narrativa per cui io non entro in Vaticano, sono la reietta: questa narrativa finisce oggi”, ha detto ancora, aggiungendo: “E’ un riscatto, il mio, per tutte le donne che fanno qualcosa nella vita con le loro capacità e la loro forza, senza quote rosa, padrini e padroni. Per me fare la signorina in gonnella qua dentro sarebbe stato facilissimo, invece ho scelto di portare avanti le mie decisioni con coraggio. Sono l’unica donna testimone di questo processo, perché l’altra che c’è è imputata e non sa nemmeno se esiste perché si è fatta usare dai giochi di potere. Io vado lì a testa alta a nome di tutte le donne che combattono per qualcosa. Ho aspettato questo giorno 10 anni, da quando in cui Papa Francesco mi ha nominato nella commissione Cosea. Per 10 anni ho aspettato di spiegare pubblicamente quello per cui papa Ratzinger si è rimesso e il motivo per cui Papa Francesco ha chiesto la commissione e trasparenza”.