(Adnkronos) –
Il fine “supremo” dell’operazione di Israele è quello “dell’eliminazione completa del nemico” – Hamas – e di “garantire la nostra esistenza come stato”. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu conferma che “i nostri soldati sono dentro Gaza” nella nuova fase dell’operazione militare scattata dopo l’attacco del 7 ottobre sferrato da Hamas. Dopo i raid delle ultime 24 ore, mai così massicci, tank e soldati israeliani sono entrati nella Striscia di Gaza per una nuova fase del conflitto. “Se Israele non vince questa guerra si diffonderà il male. Per questo la nostra sarà la vittoria del bene sul male”, dice Netanyahu arlando alla nazione e ricordando che Israele ha “il sostegno di tutta la comunità internazionale”. Il primo ministro cita espressamente i leader di Gran Bretagna, Francia e Italia che sono stati in visita a Tel Aviv per sostenere Israele.
“Questa non sarà una guerra breve, sarà una guerra lunga”, dice il ministro della Difesa Yoav Gallant intervenendo a fianco del premier. “Riusciremo a raggiungere tutti i nostri obiettivi”, aggiunge manifestando “assoluta fiducia” negli ufficiali responsabili dell’operazione e ribadendo “l’impegno a non coinvolgere i civili negli scontri frontali”. Le Forze di Difesa israeliane, interviene Netanyahu, hanno “chiesto ai residenti a Gaza di andare via” ma Hamas commette crimini contro l’umanità “usando la sua gente come scudi umani”.
Prima del discorso alla nazione, Netanyahu ha incontrato i familiari degli oltre 200 ostaggi sequestrati 3 settimane fa da Hamas. I rappresentanti delle famiglie, dopo il colloquio con il premier, hanno chiesto la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi in Israele in cambio del rilascio dei loro cari. “Riportate tutti indietro ora”, ha dichiarato Meirav Leshem-Gonen, la cui figlia 23enne Romi è stata rapita il 7 ottobre, nel corso di un incontro con la stampa a Tel Aviv.
Leshem-Gonen ha riferito di aver implorato Netanyahu di non lanciare operazioni militari che potrebbero mettere in pericolo i loro cari, affermando che ci sarebbe invece un ampio consenso nazionale rispetto ad un accordo di scambio di “tutti in cambio di tutti”.