(Adnkronos) – Una protesi di caviglia su misura, costruita con tecnologia 3D, ha permesso a un 33enne ora in fase di riabilitazione di tornare a camminare. Un intervento chirurgico “raro e all’avanguardia” quello eseguito dall’ospedale Carlo Poma di Mantova. La procedura, grazie all’elaborazione tridimensionale delle immagini della Tac propedeutica – spiegano dall’Asst mantovana – permette di accoppiare la protesi standard della tibia a una protesi ‘custom made’ dell’astragalo, l’osso portante della caviglia, realizzata in titanio con stampante 3D. Si arriva quindi a “un allineamento osseo con precisione millimetrica. Una soluzione cucita addosso al paziente e tecnologicamente ultramoderna”.
“Si tratta di un intervento delicato – afferma Manuel Bondi, responsabile della Chirurgia piede-caviglia, autore dell’intervento insieme al direttore della Struttura di Ortopedia e traumatologia, Andrea Pizzoli – che si esegue in pochi centri italiani, in quanto l’astragalo è la chiave di volta della caviglia e, causa l’elevata congruenza di questa articolazione, non è affatto facile la ricostruzione. Mantova è fra le strutture di riferimento in Lombardia per la protesi della caviglia. Effettuiamo circa 400 interventi di protesi all’anno (anca, ginocchio, caviglia, alluce e spalla)”.
“Il nostro paziente – illustra Bondi – riportava un deficit di deambulazione e una necrosi astragalica come esito di piede torto bilaterale, una condizione patologica che porta l’osso interessato a collassare. Risultava pertanto fortemente limitato nella deambulazione”. Le terapie conservative a cui era stato sottoposto – camera iperbarica, magnetoterapia, trattamenti medici – non avevano sortito gli effetti sperati e si è passati alla procedura descritta, che ha evitato “una sequela di altri interventi di ricostruzione dal dubbio esito funzionale”. Bondi precisa che “la soluzione adottata è impiegata solo in casi selezionati, quando viene riscontrata una grave forma di necrosi che causa parecchio dolore e limita in maniera significativa il cammino, interferendo con le attività quotidiane. Si procede così alla ricostruzione completa della parte danneggiata grazie allo studio della Tac 3D”. Un impianto “più accurato rispetto alla tecnica ‘manuale’ – puntualizza l’Asst – che non prevede una vera personalizzazione della procedura e dei componenti”. I tempi di esecuzione dell’intervento e di recupero post-operatorio sono più brevi. Inoltre, la minore esposizione dei tessuti molli consente un miglior controllo del dolore dopo l’operazione.
“La caviglia – ricorda Bondi – è un’articolazione dalla biomeccanica particolare. Ha una superficie molto piccola, che subisce sollecitazioni importanti legate al carico che ciascuno di noi produce a ogni passo. A differenza delle articolazioni di ginocchio e anca, che sono isolate, la caviglia è inserita in un contesto di collegamento tra gamba e piede. Ecco perché programmare un intervento di protesi di caviglia non è così semplice e occorre considerare una serie di fattori secondari all’assetto del piede o all’allineamento delle estremità di tibia e perone”.
Nella protesi di caviglia il Poma ha già all’attivo “una buona casistica. Dopo la valutazione clinica del paziente – dettaglia l’Asst – si procede all’acquisizione di una Tac tridimensionale delle caviglie, per avere una rilevazione precisa della forma e delle dimensioni dell’osso da ricostruire da parte di un laboratorio di biomeccanica”. Successivamente, “una volta studiato accuratamente il caso – riferisce Pizzoli – gli ingegneri del laboratorio progettano le guide che serviranno per il posizionamento della componente tibiale e ricostruiscono l’intero osso astragalico in titanio, che durante l’intervento verrà accoppiato con la protesi attraverso un menisco in polietilene. Solo a seguito dell’approvazione da parte del chirurgo ortopedico verrà avviata la produzione dei componenti”. Una soluzione che promette “gli stessi risultati ottenuti dalla moderna chirurgia ortopedica protesica a livello delle altre articolazioni maggiori portanti”, assicurano dall’ospedale.
“Il paziente – conclude Bondi – può ottenere una buona funzionalità della tibio-tarsica, eliminare o ridurre il dolore in maniera significativa, avere risultati duraturi nel tempo e specialmente recuperare velocemente la funzione articolare”. La degenza media è di 2-3 giorni, con inizio della riabilitazione fisioterapica a 3-4 settimane dopo l’intervento. In questo periodo il paziente deve indossare un tutore di immobilizzazione, che può essere rimosso per le medicazioni e per eseguire esercizi di mobilizzazione della caviglia da iniziare già dopo una settimana dall’operazione.