Prende il via da oggi “Raise the patients’ voice, il corso di alta formazione dedicato alle associazioni pazienti voluto da Janssen (Johnson&Johnson), in collaborazione con Altems, l’ Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di Roma. L’iniziativa, che vedrà coinvolti 71 rappresentati di 30 associazioni di pazienti fino al 27 novembre impegnati in corsi di teoria e laboratori, è stata presentata questa mattina in una conferenza stampa online. Tra gli obiettivi di “Raise the patients’ voice: aiutare le associazioni dei pazienti ad aumentare le competenze nelle azioni di advocacy istituzionale, a comunicare in maniera sempre più efficace con le istituzioni e mettere a sistema strumenti, metodi ed interventi di politiche sanitarie.
Presenti all’incontro online: Americo Cicchetti, direttore di Altems, Maria Teresa Petrangolini, Direttore Patient Advocacy Lab di Altems, Rodolfo Lena, Presidente della VII Commissione – Sanità, politiche sociali, integrazione sociosanitaria, welfare della Regione Lazio, Francesca Maletti, vicepresidente della Commissione IV Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna e Loretta Mameli, Patient Engagement e Pipeline Execution Lead di Janssen Italia.
“Questo corso di alta formazione – afferma Cicchetti – è il progetto giusto al momento giusto, un’iniziativa molto tempestiva che vede la lungimiranza di Janssen che l’ha resa possibile. Pensiamo che la crescita delle associazioni dei pazienti passi attraverso una loro strutturazione dal punto di vista di modelli di governo interno, perché è questo che permette di elevare la loro voce e fare in modo che quella voce arrivi forte e chiara. Questo non vuol dire necessariamente mettersi in una prospettiva di rivendicazione di certe legittime richieste ma capire da dentro quali sono le problematiche e gli obiettivi comuni da affrontare”.
Il nuovo Piano nazionale di cronicità – è emerso da un video mandato in onda durante la conferenza – prevede un ruolo più attivo per le associazioni che, non a caso, vedono nel corso di alta formazione un’occasione di confronto e di crescita professionale e personale. Il Pnrr è una “grandissima occasione per il Paese e per il Ssn – prosegue Cicchetti – ma non deve essere solo una montagna di soldi che cala su un sistema vecchio. Se noi non siamo in grado di rivedere alcune istituzioni e alcune modalità organizzative, rischiamo che il ritorno di quell’investimento sia limitato”. Per il direttore di Altems servono “riforme e cambiamenti”.
“C’è bisogno – non ha dubbi Cicchetti – di formare una classe dirigente ma anche contribuire a creare una cultura della partecipazione è cruciale. Per fare le riforme, cambiare il sistema e ottenere risultati importanti da questa pioggia di risorse che arriveranno nei prossimi cinque anni per rinnovare il nostro Ssn dobbiamo parlare lo stesso linguaggio. Fondamentale sarà ottenere la partecipazione di coloro che sono i fruitori finali, ovvero i cittadini e i pazienti”. Per Francesca Maletti, vicepresidente della Commissione IV Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna, in questo momento “è fondamentale e anche necessaria una grande collaborazione tra istituzioni e associazioni dei pazienti”. Sono “cambiati i bisogni sanitari e sociali – aggiunge – quindi le risposte che dobbiamo dare devono essere diverse rispetto al passato”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Rodolfo Lena, Presidente della VII Commissione – Sanità, politiche sociali, integrazione sociosanitaria, welfare della Regione Lazio: “Si deve lavorare, costruire, monitorare e verificare questo vuol dire garantire una qualità dei servizi sociosanitari erogati di altissimo livello. La Regione Lazio nell’ottobre 2019 – riferisce – ha istituto una cabina di regia con le associazioni, ad oggi ne fanno parte ottanta che rappresentano quasi 55mila utenti. Nell’ultima riunione, che si è tenuta lo scorso 21 luglio, si è parlato nel concreto della semplificazione delle procedure, delle buone pratiche di facilitazione di accesso ai pronto soccorso da parte dei pazienti perché ormai si va verso una sanità territoriale molto più forte”.