“Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), ogni anno nel mondo sono circa 2,8 milioni di lavoratrici e lavoratori che perdono la vita a causa di un infortunio o di una malattia professionale: circa 400 mila lavoratori sono vittime d’infortuni mortali e 2,4 milioni sono le morti causate da malattie professionali”. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia Gianni Rosas, direttore ufficio Oil per l’Italia e San Marino. “In altre parole – sottolinea – è come se ogni giorno morissero in media 7.500 lavoratori per queste cause: più di cinque lavoratori al minuto. A queste cifre si aggiungono i più di 374 milioni di lavoratori che sono vittime ogni anno d’infortuni sul lavoro non mortali ma che provocano lesioni gravi e portano ad assenze dal lavoro”.
“Si stimano – continua – in 160 milioni i casi di malattie professionali non mortali che si verificano su base annuale”.
“Le giornate di lavoro perse – sottolinea – il risarcimento dei lavoratori, l’interruzione della produzione e le spese mediche costano complessivamente il 4% del pil mondiale (circa 2.800 miliardi di dollari, equivalente al pil di un paese come la Gran Bretagna)”.
“Un nostro studio – sottolinea – ha dimostrato che per ogni euro investito annualmente in prevenzione, le imprese hanno un ritorno economico pari a 2,20 euro”.
“Le morti, gli infortuni e le malattie connesse al lavoro – avverte – non sono inevitabili. I rischi possono essere ridotti e le perdite umane eliminate. Oltre all’eliminazione di questi incidenti e malattie che sono socialmente e moralmente inaccettabili, il rafforzamento della salute e sicurezza sul lavoro ha anche un impatto economico”.
“Per prevenire gli incidenti professionali e le morti sul lavoro – afferma Gianni Rosas – il sistema normativo dovrebbe essere accompagnato da una strategia organica che definisca delle azioni concrete da attuare a livello territoriale e aziendale, con degli strumenti misurabili e monitorabili, e con la definizione dei ruoli, responsabilità e collaborazioni tra le diverse istituzioni ed enti con mandato sulla salute e sicurezza sul lavoro, inclusi i rappresentati delle forze sociali”.
“Gli standard internazionali – fa notare – sulla salute e sicurezza sul lavoro (Convenzione sulla salute e sicurezza sul lavoro numero 155 del 1981 e il relativo protocollo, come pure il Quadro promozionale per la sicurezza e la salute sul lavoro, Convenzione numero 187 del 2006) chiedono agli Stati di promuovere una cultura della sicurezza e attuare una strategia a livello nazionale e aziendale sulla salute e sicurezza sul lavoro”.
“In particolare – ricorda Gianni Rosas – la strategia deve definire i diritti, ruoli e responsabilità e connettere e attualizzare periodicamente le politiche che sono state introdotte nel tempo (Convenzione 155 prevede l’adozione di una politica nazionale e una serie di azioni da intraprendere a opera dei governi e delle imprese, al fine di promuovere la salute e sicurezza sul lavoro e migliorare le condizioni di lavoro. La Convenzione prevede l’adozione di una politica nazionale e una serie di azioni da intraprendere a opera dei governi e delle imprese, al fine di promuovere la salute e sicurezza sul lavoro e migliorare le condizioni di lavoro”.
“L’Italia – rimarca – ha iniziato nel 2015 la procedura per l’adozione degli standard internazionali sulla salute e sicurezza sul lavoro previsti dalla Convenzione sulla salute e sicurezza sul lavoro numero 155 del 1981; i quali, una volta ratificati, devono essere trasposti attraverso l’attuazione di politiche e interventi concreti. Si auspica che questo processo di ratifica possa essere concluso in tempi brevi e che delle strategie integrate e operative vengano attuate il più presto possibile”.