“Al presidente Berlusconi è stato raccontato che noi che siamo al governo siamo ‘draghiani’ e non berlusconiani. Gli è stato raccontato che sulla giustizia non abbiamo fatto in Cdm il nostro dovere. Gli è stato detto che ci saremmo venduti e che non siamo più berlusconiani e invece, proprio perché amiamo Fi e non ci rassegniamo al declino che stiamo vivendo, o reagiamo adesso o mai più…”. Assemblea dei deputati di Forza Italia nell’auletta dei gruppi convocata per la nomina del successore di Roberto Occhiuto. Va in scena la ‘rivolta’ dei ministri azzurri che hanno firmato il cosiddetto documento dei 26, ovvero la richiesta di voto segreto per garantire un’elezione più democratica del nuovo capogruppo.
Sfumata l’ipotesi di andare alla conta per misurare il peso degli equilibri interni dopo la designazione da parte di Silvio Berlusconi di Paolo Barelli a nuovo capogruppo, l’ala governativa che sponsorizzava Sestino Giacomoni non ci sta. Maria Stella Gelmini prende la parola alla fine e il suo è un vero e proprio j’accuse, destinato a far discutere. Sono qui da tanti anni e mi sento di essere profondamente berlusconiana, ma l’ultima stagione del berlusconismo non mi rappresenta e non rappresenta neanche Berlusconi, scandisce. Nel mirino del ministro degli Affari regionali ci sono gli ultimi due anni in cui il presidente Berlusconi non ha potuto essere presente e le scelte nel partito sono state fatte sulla base di considerazioni di alcuni e non di tutti. E’ mancata, denuncia, quell’istruttoria ampia e quella condivisione a cui eravamo stati abituati. Gelmini dice di non riconoscersi più in questo partito e si sfoga, avvertendo che c’è chi ‘nasconde’ il leader: non possiamo nasconderci che c’è una delegazione di governo da sei mesi tolta dal tavolo con il presidente…
Gelmini se la prende con Lega e Fdi che hanno indicato candidati sbagliati alle amministrative e attacca Tajani, che è assente e ieri sera è stato ricevuto a ‘Villa Grande’: se non vogliamo che Fi si riduca a un cortile con dieci eletti, la linea politica deve essere più quella di Carfagna che quella di altri, moderata, europeista, con cultura di governo. Ma è una linea che Tajani ha rinunciato a rappresentare… Carfagna ascolta le parole della ‘compagna di banco’ a Palazzo Chigi e resterà in silenzio.
Prima della Gelmini, si erano fatti sentire Renato Brunetta e Giacomoni. Ma riavvolgiamo il nastro e andiamo per ordine. Occhiuto ‘apre’ l’assemblea leggendo una lettera con la quale Berlusconi ‘designa’ e di fatto ufficializza Barelli al posto del governatore della Calabria. ”Caro Roberto, dopo un’attenta valutazione designo come tuo successore l’onorevole Barelli”, scrive l’ex premier. Tutti capiscono che votare significherebbe mettersi contro Berlusconi e disconoscere la sua leadership. Occhiuto ringrazia tutti e propone una mediazione per scongiurare tensioni (Barelli capo e vice Giacomoni) e ‘segna’ chi si prenota per intervenire.
Prende la parola Pietro Pittalis per sfilarsi, ritirando la sua firma, fondamentale per assicurare l’un terzo previsto dallo statuto che avrebbe consentito la ‘conta’ interna voluta da chi, Gelmini in testa, chiedeva massima trasparenza e non più scelte di pochi. E’ il segnale che la candidatura di Barelli è arrivata blindata. La riunione si infiamma e si trasforma in uno sfogatoio con protagonista l’ala governativa. Brunetta parla per primo e chiede che si faccia lo stesso lo scrutinio segreto. Oggi sono triste, ho il cuore che piange perché Berlusconi non mi chiama, Sestino era un mio studente, Barelli è sempre stato un amico, avrebbe esordito il ministro della Funzione Pubblica per poi concedersi una battuta: a dire il vero, anche Daniele Franco è stato un mio studente…
Nel pomeriggio, raccontano, Brunetta è stato avvistato a ‘Villa Grande’ per un faccia a faccia con il Cav. Dopo Brunetta è la volta di Giacomoni, uno dei più stretti collaboratori del presidente azzurro e ‘lettiano’ della prima ora, che annuncia il suo passo indietro, precisando che la sua candidatura non voleva essere affatto divisiva, per poi lanciare il suo affondo: Forza Italia ha 27 anni e oggi con il voto segreto avremmo potuto iniziare a camminare sulle nostre gambe. Venuto meno lo scrutinio segreto viene meno anche la mia candidatura, perché non voglio dividere. Mi auguro che prima di compiere i 40 anni saremmo in grado di uscire di casa da soli, tirando fuori le palle e senza fare la fine dei bamboccioni… Con lo sfogo della Gelmini si chiude una riunione infuocata come non si vedevano da tempo: Forza Italia deve torna a fare Forza Italia e la smetta di andare a traino degli alleati.