MANTOVA – La pandemia ha contribuito a evidenziare le debolezze del sistema sociosanitario regionale lombardo, che comunque il Sindacato, in maniera unitaria, aveva già individuato elaborando una serie di documenti e proposte necessarie a fare in modo che la salute diventi un diritto a tutti gli effetti per i cittadini, come garantito dall’articolo 32 della Costituzione.
E’ quanto emerso stasera durante il dibattito sulla sanità mantovana tenutosi in Cgil alla presenza di Monica Vangi (Segretaria Cgil Lombardia), Pierluigi Rancati (Segretario Cisl Lombardia), Daniele Soffiati (Segretario provinciale Cgil Mantova), Dino Perboni (Segretario generale Cisl Asse del Po) e Paolo Soncini (Segretario Generale Uil di Mantova e Cremona, collegato in remoto.
Quest’ultimo ha illustrato il documento sulla sanità mantovana sottoscritto lo scorso ottobre in Provincia di Mantova da sindaci, consiglieri regionali e organizzazioni sindacali. Documento “che mette in fila le necessità del nostro territorio – ha ricordato il segretario della Cgil Mantova, Soffiati – e inviato sia ai consiglieri regionali che all’assessore alla sanità Letizia Moratti. Al momento, però, risposte in merito non ne abbiamo avute”.
Nell’illustrare il documento in questione, Soncini ne ha sottolineato i punti principali che partono dalla necessità di procedere al potenziamento della rete erogativa di prossimità, tanto domiciliare quanto semiresidenziale e residenziale. Per fare ciò è necessario incrementare il numero dei posti letto specialistici, con particolare riferimento alla Asst di Mantova, portando la dotazione attuale da 3,11/1000 abitanti di Mantova alla media regionale di 3,74/1000 abitanti. Ma anche altri interventi contenuti nel documento sono ritenuti prioritari, come la creazione di una specifica Ats per il territorio mantovano, l’istituzione di sei Distretti quali articolazioni delle Asst con funzioni di governo ed erogazione delle prestazioni distrettuali. E ancora individuare le Case di comunità tenendo conto dei Presst (Presidi Socio Sanitari Territoriali) già programmati e individuare gli ospedali di comunità da affiancare ai Pot (Presidi Ospedalieri Territoriali) già programmati. Il tutto tenendo conto di un necessario potenziamento dell’organico e di un maggiore coinvolgimento dei sindaci e dei Sindacati.
“Bisogna anche fare in modo – ha detto Monica Vangi – che i cittadini possano davvero tornare a effettuare una libera scelta quando si parla di cure, perché oggi questa non esiste in quanto le strutture pubbliche hanno liste d’attesa lunghissime che obbligano il cittadino a rivolgersi al privato. Oggi il sistema regionale è troppo sbilanciato verso la sanità privata che dovrebbe avere un ruolo integrativo e non sostitutivo rispetto al pubblico”. Un tema molto importante quello del diritto alla Salute anche in virtù della discussione di riforma della Legge Regionale 23 del 2015 che si sta effettuando in questi giorni in Regione Lombardia.