Quirinale, costituzionalista Marini: “Senza maggioranza ‘prorogatio’ Mattarella o Casellati in supplenza”

L’emergenza sanitaria potrebbe avere delle ricadute sulla vita istituzionale rispetto alla partita del Quirinale aprendo a scenari del tutto inediti: il dilagare dei contagi non risparmia infatti gli elettori del presidente della Repubblica e le procedure elettorali potrebbero protrarsi oltre la scadenza del mandato del presidente Mattarella. Cosa succede dunque se non si raggiunge la maggioranza entro il termine di scadenza del settennato, il prossimo 3 febbraio, anche considerato che il virus potrebbe mettere fuori gioco i parlamentari?
 

“L’ipotesi che non si raggiunga la maggioranza per consentire la successione a Mattarella entro il 3 febbraio, cioè entro la fine del settennato del Presidente in carica, non si è mai verificata. Se dovesse accadere, la Costituzione è interpretabile in due direzioni: sia nel senso che il Capo dello Stato può restare in ‘prorogatio’, sia nel senso che la continuità venga assicurata attraverso la ‘supplenza’ della presidente del Senato, dunque attraverso la presidente Casellati. La Costituzione prevede, infatti, che in tutti i casi nei quali il Presidente della Repubblica non possa adempiere alle sue funzioni, queste ultime sono esercitate dal Presidente del Senato, e la scadenza del mandato potrebbe farsi rientrare in quest’eventualità”, con l’effetto che, seppur provvisoriamente, le funzioni di Capo dello Stato le svolgerebbe Maria Elisabetta Alberti Casellati. Ne parla con l’Adnkronos il costituzionalista Francesco Saverio Marini, professore di Diritto pubblico presso l’università di Roma Tor Vergata e vice presidente del Consiglio di presidenza della Corte dei conti. 

Chi decide tra le due possibilità, prorogatio o supplenza? “Anche questo è controverso. Verosimilmente sarà il presidente della Repubblica in scadenza ad interpretare la Costituzione ed a decidere, anche coinvolgendo il presidente del Senato. Sono, tuttavia, soluzioni oggettivamente problematiche che si dovrebbero evitare. In questa prospettiva è assolutamente impensabile prospettare proroghe di fatto del Presidente della Repubblica in carica attraverso votazioni deserte o rinvii a lungo termine delle successive votazioni”, risponde.  

E, qualora venisse eletto Draghi, chi svolgerebbe le funzioni di capo del Governo? “Anche questa ipotesi non è espressamente prevista: la legge 400 del 1988 disciplina solo i casi di assenza o impedimento temporaneo, nei quali non può farsi rientrare le dimissioni o la decadenza dalla carica. Si dovrebbe quindi far riferimento ai principi generali, in base ai quali l’organo collegiale, in mancanza del vertice, è presieduto dal componente più anziano, quindi spetterebbe comunque al Ministro Brunetta assicurare la continuità all’organo. Ovviamente, si aprirebbe in ogni caso – commenta Marini – una crisi di governo, dagli esiti non facilmente prevedibili”. 

Secondo il professore di Tor Vergata, “è impossibile”, come avvenuto per le elezioni comunali, una proroga di diritto dell’incarico a presidente della Repubblica, con una legge, in presenza dell’aggravarsi della situazione di emergenza, “perché la durata è prevista a livello costituzionale, dunque non ci sono i tempi per intervenire anche con una riforma costituzionale”.  

In alternativa, esistono sistemi per favorire il voto dei parlamentari in quarantena o in isolamento fiduciario, come il voto da remoto? “Il voto di chi è in quarantena si potrebbe agevolare o con una riforma del regolamento parlamentare della Camera per consentire il voto da remoto, attraverso l’approvazione di una norma a maggioranza assoluta, dunque con il consenso generale; oppure, a regolamento vigente, si potrebbero comunque predisporre più urne, anche non necessariamente all’interno dell’emiciclo, con percorsi dedicati e questo potrebbe favorire il voto di tutti”. 

Contrarietà? “Nella prima ipotesi – analizza Marini – il timore è che si possa riuscire a risalire all’autore del voto, ma in realtà esistono sistemi che garantiscono l’anonimato al pari del voto cartaceo; nella seconda c’è il fatto che ad oggi i positivi al covid non possono votare e, dunque, verrebbero alla Camera violando le regole vigenti contro la diffusione del Covid. Ma con un decreto-legge si potrebbe consentire ai parlamentari in quarantena una deroga per poter esprimere il proprio voto, garantendo adeguate misure di sicurezza. Del resto va considerata la rilevanza istituzionale di tale voto e anche che storicamente per il presidente della Repubblica hanno votato pressoché tutti i parlamentari, con un tasso di assenza sempre prossimo allo zero”, conclude. 

(di Roberta Lanzara) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Adnkronos)