MANTOVA – Dall’inizio della pandemia al 31 gennaio scorso in provincia di Mantova 1670 persone hanno perso la vita dopo che si erano contagiate dal Covid-19. A dirlo il report di Ats Val Padana aggiornato proprio a fine gennaio che evidenzia anche come il 31 gennaio ben 26.707 mantovani fossero positivi.
Il dato è poi andato calando.
Il numero di casi, e conseguentemente l’incidenza media settimanale, risulta di gran
lunga più elevata nella quarta ondata, in cui però gli indicatori di gravità della malattia
(Ricoveri *1000 casi e Letalità) risultano ben più bassi.
Su questo risultato incidono senz’altro le vaccinazioni oltre alla diffusione della variante Omicron che pare più contagiosa ma meno aggressive delle
precedenti. Seconda e terza ondata sono simili in tutti gli indicatori, mentre la prima
ondata è caratterizzata da meno casi ma più gravi.
Ecco invece gli indicatori relativi al mese di gennaio 2022
Come si può vedere dai grafici l’ambito che lo scorso gennaio ha mostrato il maggior numero di contagi in rapporto alla popolazione è stato l’Alto Mantovano, a Solferino addirittura oltre il 13% della popolazione si è positivizzato il mese scorso. Il maggior numero di decessi si è invece registrato nel Casalasco-Viadanese. Ben oltre metà dei casi occorsi il mese scorso è a carico della popolazione fino ai 44 anni, mentre i ricoverati sono prevalentemente persone dai 65 anni in su.
La tabella riportata sotto riporta i casi da Covid 19 registrati nel mese di gennaio, nonchè i decessi e i ripositivizzati che nel mantovano sono stati 1878, il 5% del totale dei positivi.
Per quanto riguarda le varianti la mappa sotto pubblicata fa vedere chiaramente come in tutto la provincia di Mantova (e lo stesso dicasi per quella di Cremona) a gennaio 2022 Omicron sia stata nettamente prevalente
Guardando infine i dati regionali relativi ai casi da Covid 19 da inizio pandemia si vede come tra le donne, che comunque sono in numero maggiore in Lombardia rispetto agli uomini, si registra il numero più alto di positivi ma la letalità è più alta tra gli uomini, in particolare tra gli ultrasettantenni, la fascia d’età con le conseguenze più gravi della malattia, la letalità tra le donne è dell’11% contro il 18% negli uomini.