BRESCIA – “Nessuno è stato abbandonato al suo destino”. Quattordici mesi dopo il suo arresto con l’accusa di omicidio volontario, oggi il primario sospeso del Pronto Soccorso di Montichiari, Carlo Mosca 49 anni, imputato per aver somministrato farmaci letali a pazienti ricoverati nel suo reparto, si è difeso in Corte d’Assise a Brescia.
Mosca, che per tre anni ha lavorato anche all’ospedale Carlo Poma e ha vissuto a Mantova anche quando già lavorava a Montichiari, è ai domiciliari dal gennaio del 2021.
L’accusa lo ritiene responsabile di aver somministrato a Natale Bassi, 61enne di Ghedi, Angelo Paletti, 79enne di Calvisano, e ad Ernesto Nicolosi, 87enne di Carpenedolo, Succinilcolina e Propofol, farmaci incompatibili in assenza di intubazione, in quanto inducono il blocco dei muscoli, e se somministrati ad un degente da non intubare, questi va in arresto respiratorio e muore. Due fiale di Succinilcolina e una fiala di Propofol erano state ritrovate in un cestino del reparto.
Secondo l’accusa, agendo in questo modo, l’ex primario avrebbe liberato dei posti per altri malati. Un’intenzione quella di Mosca che emergerebbe da alcuni messaggi whatsapp, agli atti dell’ordinanza, tra un infermiere del pronto soccorso di Montichiari e un collega. “Io non ci sto ad uccidere pazienti solo perché vuole liberare dei letti”. “Questo è pazzo”, risponde il collega, parlando della decisione del medico di far preparare i due farmaci che solitamente si utilizzano prima di intubare un paziente.
“Non metto in discussione che sia stato trovato il Propofol nel corpo del paziente Angelo Paletti durante l’autopsia, ma non so darmi spiegazione. Alla mia presenza non è stato usato il Propofol, non si è somministrato, qualcuno ce lo ha messo. A mia insaputa chiunque poteva utilizzarlo, magari qualcuno a cui non stavo simpatico. Io sicuramente non l’ho messo. È fuori dubbio che un infermiere può iniettare il Propofol per una cattiveria contro di me. Io mi sono fatto le mie idee”, ha dichiarato Mosca Ma chi avrebbe potuto arrivare a tanto?. “In quei giorni in ospedale c’era malcontento in reparto”, ha dichiarato l’imputato.
Mosca ha ammesso di aver chiesto ai suoi infermieri la Succinilcolina, l’altro compsoto che gli viene contestato. E’ accaduto il 20 marzo. “Pensavo di intubare il paziente Bassi. Il farmaco non mi fu mai portato, perché un’infermiera mi disse che non era un candidato alla rianimazione, che era lì dalla notte precedente ed aveva rifiutato le cure. Ho sospeso la procedura, abbiamo provato a pronare il paziente sulla barella. Poco dopo mi hanno chiamato in sala emergenza, insieme ad un collega, perché aveva avuto un arresto respiratorio. Non si potè fare altro che constatare il suo decesso”.
Ma perchè ad un certo punto l’ex primario, come riferito da alcuni testimoni, aveva fatto uscire tutti dalla stanza di Bassi? “Dopo aver pronato il paziente”, ha risposto “avrei usato una maschera per l’ossigenazione con una forte dispersione. Io ero l’unico ad avere la mascherina Ffp3, mentre per gli altri il rischio di contagio era troppo alto e non volevo che si ammalasse altro personale”.