MANTOVA – leri,, nell’ambito dell’operazione “Grimilde”, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bologna, il Raggruppamento Operativo Speciale ed il Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Emilia hanno dato esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale che ha portato al sequestro di beni per un valore di circa 10 milioni di euro a carico dei fratelli Antonio e Cesare Muto, il primo dei quali condannato con sentenza irrevocabile nell’ambito del processo “Aemilia” per associazione di tipo mafioso, truffa ed estorsione, tutti reati aggravati dall’art. 416 bis.1 c.p., in quanto appartenente al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro (KR).
L’esecuzione ha interessato le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Crotone, ed ha comportato il sequestro di:
- 5 aziende operanti nel settore degli autotrasporti ed immobiliare, del valore complessivo di 3 milioni di euro;
- 6 immobili (tra cui un capannone industriale sede delle aziende di autotrasporti, 4 abitazioni, un fabbricato in corso di costruzione), acquistati ad un prezzo complessivo di 3 milioni euro;
- 92 veicoli, tra cui 28 trattori stradali, 43 semirimorchi, 5 autobus, 4 furgoni, 2 autocarri, 10 autovetture tra cui una Maserati e due Volkswagen, 1 motociclo ed 1 quadriciclo, acquistati ad un prezzo complessivo di oltre 1 milione e mezzo di euro;
- 18 rapporti bancari le cui giacenze complessive sono tuttora ignote
Le indagini patrimoniali condotte dal I Reparto Investigativo del Ros, svolte sulla scia degli accertamenti condotti per l’operazione “Grimilde”, hanno confermato la riferibilità ai fratelli Muto di diverse attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome, nonché l’accumulo illecito di significativi patrimoni personali. Dall’esito delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli interessati, corroborate dalle risultanze emerse a seguito dei precedenti tutto il territorio nazionale.
I Muto erano stati colpiti da una interdittica antimafia nel 2013 ma dopo appena 2 mesi avevano costituito ed avviato una nuova società di trasporti e viaggi turistici, la Cospar, intestandone le quote ad un prestanome, un ingegnere di origini crotonesi. Grazie agli accertamenti bancari è stato possibile accertare che l’uomo avrebbe costituito la Cospar con provvista messagli a disposizione dalle società dei Muto facendola transitare sui conti di una società “cartiera”. Da ultimo, l’indagine economico-finanziaria ha confermato i legami tra i fratelli Muto e gli altri imprenditori già condannati per aver fatto parte del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, quali Giuseppe Giglio ed i fratelli Vertinelli.