MANTOVA – Sciopero nazionale della scuola venerdì 10 dicembre indetto da FLC-CGIL, UIL scuola, Snals-Confsal e Gilda Unams.
“Scioperiamo perché sono rimaste irrisolte criticità che anche nella nostra provincia continuano a provocare danni” dicono i segretari della FLC CGIL, dello SNALS e della UIL scuola di Mantova, Pasquale Andreozzi, Roberta Marzano e Felice La Macchia.
Cinque i nodi irrisolti che hanno portato i lavoratori del mondo scolastico ad incrociare le braccia:
1 – Il rinnovo contrattuale.
Servirebbero 350 euro al mese per adeguarsi alla media europea, ma in Finanziaria ce ne sono appena 87 più 12 euro per premiare una non meglio definita “dedizione professionale” e quindi neanche per tutti, praticamente una mancia.
2 – La questione dell’organico Covid, utilizzato durante la pandemia per garantire le misure di sicurezza nelle scuole e per sdoppiare le classi troppo numerose e che è stato prorogato solo per i docenti, escludendo quindi il personale Ata.
3 – Il personale precario e la necessità di stabilizzarlo come ci ricorda spesso anche l’Europa: sul tema nessun confronto è stato ancora aperto. Il Patto per la Scuola sottoscritto ad aprile contiene misure che vanno in tale direzione ma a questo Patto non è mai stato dato seguito.
4 – Le classi troppo numerose: non è stato previsto praticamente nulla così come su temi apparentemente tecnici, ma fondamentali per il funzionamento della scuola e la dignità delle persone.
5 – Le misure legate a situazioni professionali come quella dei Direttori amministrativi facenti funzione (sostituti dei DSGA): manca un concorso ad hoc per chi da anni svolge il ruolo di sostituto. Sarebbe una misura a costo zero.
In provincia
I sindacati si aspettavano di ricevere segnali concreti dal Governo – si legge nella nota – ma così non è stato. “Chiediamo risorse, riceviamo tavoli” hanno dichiarato i segretari nazionali delle quattro sigle sindacali.
“Questo sciopero segna un punto di svolta nei rapporti con il governo. Ma la responsabilità è tutta del governo stesso che ha fatto una scelta: disinvestire in tema di scuola, così come è accaduto negli ultimi 15 anni. Questa decisione è ancora più odiosa dopo due anni di pandemia e con tutta la retorica sulla centralità della scuola pubblica”.