MANTOVA – La provincia di Mantova è risultata seconda in Italia nel 2019 per il numero più elevato di decessi causati dall’esposizione al particolato fine (Pm 2,5). Peggio di Mantova fa solo Cremona.
A dirlo l’indagine di Openpolis le cue stime evidenziano come tre anni fa ci sarebbero stati nella provincia virgiliana 123 decessi ogni 100 mila abitanti a causa di questo tipo di inquinamento, complessivamente 512 decessi prematuri a causa del Pm 2,5 che secondo la European environmental agency (Eea) e l’organizzazione mondiale per la salute (Oms) è tra gli inquinanti più nocivi.
Il Pm2.5 è una particella di diametro inferiore ai 2,5 millesimi di millimetro (o micron, μ). Data la sua dimensione estremamente ridotta, è capace di penetrare in profondità nel sistema respiratorio umano, raggiungendo non solo la trachea e le vie respiratorie superiori, quale è il caso del Pm10, ma anche gli alveoli polmonari. L’esposizione al Pm2.5 incide fortemente sull’aspettativa di vita.
Il particolato fine ha infatti effetti nocivi sia sul sistema respiratorio che su quello circolatorio. Secondo le analisi dell’ Oms, una esposizione prolungata ha comprovati legami con l’emergere di tumori e di altre patologie come l’obesità, il diabete, ma anche il morbo di Alzheimer e la demenza. Può inoltre causare arteriosclerosi e, secondo ricerche recenti, potrebbe incidere sullo sviluppo neurologico nei bambini e sulle funzioni cognitive negli adulti. Oltre a esacerbare problemi di salute preesistenti.
Come riporta l’ Eea, si tratta della sostanza inquinante più dannosa per la nostra salute, insieme al biossido di azoto (No2) e all’ozono (O3), nonché quella che ogni anno causa il numero più elevato di morti premature.
In generale l’indagine di Openpolis evidenzia che a risultare maggiormente colpito è il nord della penisola e in particolare la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, in corrispondenza della zona fortemente industrializzata della pianura padana.
Mentre a riportare le cifre più contenute sono la provincia sarda di Sassari (con 49 decessi ogni 100mila abitanti), seguita da Olbia-Tempio nella stessa regione e dalla Valle d’Aosta, entrambe con 50 morti.
Va però sottolineato che, come è avvenuto a livello europeo, anche in Italia la situazione sta gradualmente migliorando. Negli ultimi 13 anni la concentrazione di questa sostanza nell’aria delle città italiane si è infatti dimezzata. Ma resta ancora molta strada da fare, considerando che l’Ocse raccomanda una concentrazione inferiore ai 10 µg/m3, mentre nel 2019 nelle città italiane questa si attestava, mediamente, intorno ai 15,5 µg/m3.