BRUXELLES (BELGIO) (ITALPRESS) – “Sono felice di essere qui in mezzo a voi”. Ha esordito così Papa Francesco, incontrando il clero nella Basilica del Sacro Cuore di Koekelberg, a Bruxelles.
“In questo crocevia che è il Belgio, voi siete una Chiesa ‘in movimentò – ha sottolineato il Pontefice -. Infatti, da tempo state cercando di trasformare la presenza delle parrocchie sul territorio, di dare un forte impulso alla formazione dei laici; soprattutto vi adoperate per essere Comunità vicina alla gente, che accompagna le persone e testimonia con gesti di misericordia. Prendendo spunto dalle vostre domande, vorrei proporvi alcune tracce di riflessione attorno a tre parole: evangelizzazione, gioia, misericordia”.
“Il Vangelo, accolto e condiviso, ricevuto e donato – ha aggiunto il Papa -, ci conduce alla gioia perchè ci fa scoprire che Dio è il Padre della misericordia, che si commuove per noi, che ci rialza dalle nostre cadute, che non ritira mai il suo amore per noi. Fissiamo questo nel cuore: mai Dio ritira il suo amore per noi. ‘Ma Padre, anche quando ho commesso qualcosa di grave?’. Mai Dio ritira il suo amore per te. Questo, davanti all’esperienza del male, a volte può sembrarci ‘ingiustò, perchè noi applichiamo semplicemente la giustizia terrena che dice: ‘Chi sbaglia deve pagarè. Tuttavia la giustizia di Dio è superiore: chi ha sbagliato è chiamato a riparare i suoi errori, ma per guarire nel cuore ha bisogno dell’amore misericordioso di Dio. Non dimenticatevi: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre; è con la sua misericordia che Dio ci giustifica, cioè ci rende giusti, perchè ci dona un cuore nuovo, una vita nuova”.
Poi è tornato a parlare di abusi, sottolineando che “generano atroci sofferenze e ferite, minando anche il cammino della fede. E c’è bisogno di tanta misericordia, per non rimanere col cuore di pietra dinanzi alla sofferenza delle vittime, per far sentire loro la nostra vicinanza e offrire tutto l’aiuto possibile, per imparare da loro – come hai detto tu – a essere una Chiesa che si fa serva di tutti senza soggiogare nessuno. Sì, perchè una radice della violenza consiste nell’abuso di potere, quando usiamo i ruoli che abbiamo per schiacciare gli altri o per manipolarli”.
Ed ha rivolto anche un pensiero ai carcerati: “Quando io entro in un carcere mi domando: perchè loro e non io? Gesù ci mostra che Dio non si tiene a distanza dalle nostre ferite e impurità. Egli sa che tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato. Nessuno è perduto per sempre. E’ giusto, allora, seguire tutti i percorsi della giustizia terrena e i percorsi umani, psicologici e penali; ma la pena dev’essere una medicina, deve portare alla guarigione. Bisogna aiutare le persone a rialzarsi, a ritrovare la loro strada nella vita e nella società. Soltanto una volta nella vita di tutti ci è permesso guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a rialzarsi. Solo così. Ricordiamoci: tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato, nessuno è perduto per sempre. Misericordia, sempre, sempre misericordia”.
Infine, ha concluso: “Sorelle e fratelli, vi ringrazio. E nel salutarvi vorrei ricordare un’opera di Magritte, vostro illustre pittore, che si intitola ‘L’atto di fedè. Rappresenta una porta chiusa dall’interno, che però è sfondata al centro, è aperta sul cielo. E’ uno squarcio, che ci invita ad andare oltre, a volgere lo sguardo in avanti e in alto, a non chiuderci mai in noi stessi, mai in noi stessi. Questa è un’immagine che vi lascio, come simbolo di una Chiesa che non chiude mai le porte – per favore, non chiude mai le porte! -, che a tutti offre un’apertura sull’infinito, che sa guardare oltre. Questa è la Chiesa che evangelizza, vive la gioia del Vangelo, pratica la misericordia”.
– foto Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).
“In questo crocevia che è il Belgio, voi siete una Chiesa ‘in movimentò – ha sottolineato il Pontefice -. Infatti, da tempo state cercando di trasformare la presenza delle parrocchie sul territorio, di dare un forte impulso alla formazione dei laici; soprattutto vi adoperate per essere Comunità vicina alla gente, che accompagna le persone e testimonia con gesti di misericordia. Prendendo spunto dalle vostre domande, vorrei proporvi alcune tracce di riflessione attorno a tre parole: evangelizzazione, gioia, misericordia”.
“Il Vangelo, accolto e condiviso, ricevuto e donato – ha aggiunto il Papa -, ci conduce alla gioia perchè ci fa scoprire che Dio è il Padre della misericordia, che si commuove per noi, che ci rialza dalle nostre cadute, che non ritira mai il suo amore per noi. Fissiamo questo nel cuore: mai Dio ritira il suo amore per noi. ‘Ma Padre, anche quando ho commesso qualcosa di grave?’. Mai Dio ritira il suo amore per te. Questo, davanti all’esperienza del male, a volte può sembrarci ‘ingiustò, perchè noi applichiamo semplicemente la giustizia terrena che dice: ‘Chi sbaglia deve pagarè. Tuttavia la giustizia di Dio è superiore: chi ha sbagliato è chiamato a riparare i suoi errori, ma per guarire nel cuore ha bisogno dell’amore misericordioso di Dio. Non dimenticatevi: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre; è con la sua misericordia che Dio ci giustifica, cioè ci rende giusti, perchè ci dona un cuore nuovo, una vita nuova”.
Poi è tornato a parlare di abusi, sottolineando che “generano atroci sofferenze e ferite, minando anche il cammino della fede. E c’è bisogno di tanta misericordia, per non rimanere col cuore di pietra dinanzi alla sofferenza delle vittime, per far sentire loro la nostra vicinanza e offrire tutto l’aiuto possibile, per imparare da loro – come hai detto tu – a essere una Chiesa che si fa serva di tutti senza soggiogare nessuno. Sì, perchè una radice della violenza consiste nell’abuso di potere, quando usiamo i ruoli che abbiamo per schiacciare gli altri o per manipolarli”.
Ed ha rivolto anche un pensiero ai carcerati: “Quando io entro in un carcere mi domando: perchè loro e non io? Gesù ci mostra che Dio non si tiene a distanza dalle nostre ferite e impurità. Egli sa che tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato. Nessuno è perduto per sempre. E’ giusto, allora, seguire tutti i percorsi della giustizia terrena e i percorsi umani, psicologici e penali; ma la pena dev’essere una medicina, deve portare alla guarigione. Bisogna aiutare le persone a rialzarsi, a ritrovare la loro strada nella vita e nella società. Soltanto una volta nella vita di tutti ci è permesso guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a rialzarsi. Solo così. Ricordiamoci: tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato, nessuno è perduto per sempre. Misericordia, sempre, sempre misericordia”.
Infine, ha concluso: “Sorelle e fratelli, vi ringrazio. E nel salutarvi vorrei ricordare un’opera di Magritte, vostro illustre pittore, che si intitola ‘L’atto di fedè. Rappresenta una porta chiusa dall’interno, che però è sfondata al centro, è aperta sul cielo. E’ uno squarcio, che ci invita ad andare oltre, a volgere lo sguardo in avanti e in alto, a non chiuderci mai in noi stessi, mai in noi stessi. Questa è un’immagine che vi lascio, come simbolo di una Chiesa che non chiude mai le porte – per favore, non chiude mai le porte! -, che a tutti offre un’apertura sull’infinito, che sa guardare oltre. Questa è la Chiesa che evangelizza, vive la gioia del Vangelo, pratica la misericordia”.
– foto Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).