Persone incontinenti e stomizzate, cure mancate per 1 su 4 causa Covid

ROMA (ITALPRESS) – In Italia si stima che siano più di 70.000 le persone con stomia, oltre 5 milioni quelle con problemi di incontinenza urinaria e quasi 2 milioni con incontinenza fecale. E nonostante alcuni aspetti dell’assistenza siano regolamentati in base ad un Accordo Stato-Regioni del 2018, questo risulta ancora inapplicato in quasi tutte le Regioni. Pur rappresentando circa il 12% della popolazione italiana, ancora non esistono specifici registri nazionali.
La pandemia ha fortemente penalizzato la loro assistenza: hanno rinunciato ai controlli periodici 4 persone su 10 al centro-sud (41,3%) e oltre una su quattro a nord (28%) a cui si aggiunge chi ha rinunciato solo qualche volta, con un valore uniforme sul territorio nazionale di circa una persona su 4. Al nord si registra la percentuale maggiore di chi non ha rinunciato ai controlli periodici (46,7% rispetto al 33% del centro-sud).
Per vivere al meglio la propria condizione di vita devono utilizzare alcuni dispositivi medici (cateteri, pannoloni, sacche, etc.) che assorbono una spesa per il SSN pari a 798.339.222 euro, cioè neanche l’1% di tutte le risorse destinate alla sanità pubblica, e, nonostante ciò, alcuni di loro sono costretti ad acquistare spesso o sempre, anche per necessità di personalizzazione, i presidi di cui hanno bisogno: 29,5% al centro-sud e 23,4% al Nord con un lieve peggioramento dovuto alla pandemia covid-19 al Nord. Questo si traduce in costi privati (out-of-pocket): il 40% circa spende fino a 300 euro l’anno (44,4% al nord, 40,6% al centro-sud); poco meno del 20% spende tra i 301 e i 600 euro l’anno (21,3% al centro-sud e 16,3% al nord); una percentuale di circa il 5% spende tra i 601 e oltre 1000 euro l’anno.
Sono ben informati dai professionisti sanitari sulle condizioni di salute e su come gestire la propria condizione, migliorabile l’informazione su servizi offerti dalle Asl e modalità di accesso.
Quando le forniture non rispondono alle proprie necessità per tempi, qualità o quantità (anche degli accessori) hanno un impatto negativo sui rapporti sociali (61,8% Centro-Sud rispetto al 56,1% Nord); sullo stato psicologico (67,7% al nord e 65% al centro-sud); possono influenzare negativamente la relazione di coppia, così come oltre una persona su due (58% al nord e 56,7% al centro sud) vede un impatto forte sull’equilibrio familiare e compromissioni nella sfera lavorativa (58,7% al nord, 60% al centro sud).
Ad analizzare la loro condizione e proporre le priorità di intervento è l’indagine “Conoscere i Reali Bisogni di Incontinenti-Cateterizzati-Stomizzati” frutto della collaborazione tra Salutequità e FAIS, la Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati – OdV, con il supporto metodologico di Zeta Research Srl e l’Unità di Biostatistica, Epidemiologia e Sanità Pubblica (UBEP) dell’Università degli Studi di Padova alla quale hanno risposto 436 persone incontinenti, stomizzate, cateterizzate.
I risultati sono illustrati nel “Report sul rispetto dei diritti delle persone incontinenti e stomizzate, compreso l’accesso ai servizi” di Salutequità, realizzato con il contributo non condizionato di Coloplast.
Anche se l’informazione offerta dai professionisti sanitari è di buon livello a nord, con oltre il 70% di persone che gli attribuisce un punteggio compreso tra 4 e 5 e c’è la maggiore attenzione sull’informazione sui diritti della persona incontinente e stomizzata (36,8%), al centro-sud oltre una persona su 3 ha ricevuto informazioni insufficienti. Alta anche la percentuale di chi riceve informazioni adeguate a gestire la propria condizione (oltre il 50% attribuisce un punteggio massimo), anche se non mancano punteggi di insufficienza (circa uno su 10 complessivamente in ogni parte del Paese), ma oltre 1 persona su 5 (22,9% al nord e 23,5% al centro sud) si ritiene scarsamente informato su questi aspetti.
Sono soddisfatte della qualità di presidi forniti circa 6 persone su 10 (63,9% al nord; 58% centro sud); tuttavia circa una persona su tre è solo parzialmente soddisfatta (31% nord e 37,6% al centro- sud); circa il 5% non è proprio soddisfatto.
Al nord il 54,5% non ha mai rilevato problemi nelle forniture periodiche; circa una persona su 4 al centro sud (24,2%) invece li incontra spesso o sempre (rispetto al 14,3% al Nord).
Le principali difficoltà nelle forniture riguardano i tempi e quindi i ritardi nell’attivazione della fornitura periodica (40% nord e 34,7% centro-sud); la mancanza di accessori (più frequente nel centro sud – 45,9%- rispetto al nord -40%); la quantità eccessiva di presidi – quale difficoltà registrata – è più alta al nord (11,4%). La mancanza di accessori (esempio pasta, salviette, remover) per le persone stomizzate vuol dire parziale rispetto dei livelli essenziali di assistenza; per le persone cateterizzate e con pannolone, invece, gli accessori (esempio protettori della cute) non sono ancora previsti ed erogati dal SSN.
La libertà di scelta del presidio/ausilio da parte delle persone incontinenti, cateterizzate, stomizzate è parzialmente soddisfatta o non presente per 4 persone su 10 al Nord (41,3% di cui il 32,2% parzialmente soddisfatto) e oltre 1 su 2 al sud (54,4%, di cui il 43,7% parzialmente soddisfatto).
“Quando la personalizzazione non viene garantita o si riduce la possibilità di scegliere il dispositivo più adatto alla singola persona – spiega il presidente Fais, Pier Raffaele Spena – si verifica un’alta incidenza di complicanze cutanee che può determinare, oltre al disagio fisico e psichico, anche la necessità di utilizzo di medicazioni avanzate”.
“Questi trattamenti – aggiunge – hanno un costo elevato che è valutabile in un range compreso tra 5 e 25 euro per ogni medicazione giornaliera, da ripetere per un periodo prolungato (da 6 a oltre 30 settimane). I costi ovviamente sono notevolmente incrementati laddove si renda necessaria l’ospedalizzazione (oltre 500 euro al giorno). Tutto ciò a fronte di una spesa giornaliera di dispositivi medici che, a seconda del tipo di prodotto, varia da 2 a 10 euro”.
“Dopo quasi due anni di pandemia, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale c’è un gran bisogno di rimettere al centro l’umanizzazione dell’assistenza, intesa da una parte come la necessità primaria di riprendere immediatamente a curare tutte le persone senza più alcuna interruzione, dall’altra come fondamentale impegno nel garantire modalità di acquisto dei presidi rispettose del diritto alla personalizzazione dell’assistenza – ha detto Tonino Aceti, presidente di Salutequità – capaci di assicurare inclusione sociale e il più alto livello di salute, da intendersi, come ci ricorda l’OMS, come uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”.
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