“Un processo che avrà molte ricadute positive sui cittadini”. E’ la transizione digitale nel sistema sanitario, che porterà a una dematerializzazione di molte procedure, come spiega ad Adnkronos/Labitalia, Giuseppe Cattaneo, docente di Informatica all’Università di Salerno, che, 4 anni fa, ha fondato con Csa Unidoc, uno spin off universitario che si avvale di esperienze maturate sul campo in settori specifici della Pubblica Amministrazione, quali Sanità ed Enti Territoriali, e che si propone di fornire servizi chiavi in mano per l’eliminazione definitiva dei supporti fisici.
“I vantaggi della digitalizzazione in sanità -spiega Cattaneo- sono tantissimi: si riducono gli errori, si velocizza il flusso e soprattutto si mettono in piedi processi interni più snelli”. Cattaneo porta un esempio che è sotto gli occhi di tutti: “Per anni si è provato a togliere le pellicole dagli esami radiografici e passare al digitale: ci sono voluti 10 anni, dal 2000 al 2010, periodo in cui tutti quanti guardavano con smarrimento questo cd che veniva consegnato al posto della ‘lastra’. Ma adesso se ne capiscono appieno i vantaggi. Il primo vantaggio per un cittadino (e noi qui nel Sud lo vediamo quotidianamente) è la capacità di muoversi e andare a curarsi in ospedale senza doversi portare appresso faldoni di carte pesanti e spesso incomplete. È un effetto della velocità con cui si spostano i dati digitali”.
Tuttavia, avverte il professore, “non è pensabile passare, dall’oggi al domani, dall’analogico al digitale”. “Molti dati oggi -sottolinea l’esperto-nascono nativi digitali, come appunto quelli delle immagini della diagnostica, ma tantissima documentazione in carta viene ancora prodotta negli ospedali. Per questo, il vero valore aggiunto della transizione digitale sono le capacità come quelle che esprime Csa di mischiare sorgenti legacy con sorgenti digitali”.
“Anche a livello clinico c’è una grande ricaduta nel poter analizzare dati certificati, con una semantica chiara, qualificati dal punto di vista della leggibilità. Non abbiamo più chi scende nell’archivio e tira fuori cartelle cliniche con dati che sono presunti, ma cartelle cliniche dematerializzate da cui si può tirare fuori un patrimonio enorme di informazioni, importante sia per la scienza sia per queste nuove frontiere terapeutiche come la genetica e farmaci biologici, che hanno bisogno di essere anche monitorati. Con dati digitali chiari si ricostruisce la storia clinica di un paziente e si riesce anche a capire perché un farmaco agisce in un modo su un paziente e in un altro modo su un altro”.
Interoperabilità è poi la sfida da vincere, perché non possono più esserci piattaforme che anche nell’ambito sanitario non dialogano tra loro, “fenomeno molto italiano”, osserva Cattaneo: “Tutta l’Italia ha un gradiente differenziato sull’interoperabilità -aggiunge l’esperto- e devo dire che in Campania negli ultimi 5 anni su questo aspetto si è fatto tantissimo. Il dato non è più di proprietà dell’ospedale è di proprietà del paziente e soprattutto c’è un Fascicolo Sanitario Elettronico da alimentare e oltre il caso di cura devono rimanere in vita e devono essere fruibili. Oggi tutto si gioca sull’interoperabilità”.
Sui temi della digitalizzazione, Cattaneo vede un “Paese che aveva già reagito prima della pandemia”. “La pandemia -osserva- ha dato una scossa a quelli che si erano voltati dall’altro lato per non vedere il cambiamento. Onestamente i progetti che erano già partiti hanno avuto solo accelerazioni e tutto quello che ieri era impossibile oggi si può fare: la pandemia ha intaccato i tabù sugli ostacoli insuperabili al cambiamento”. (di Mariangela Pani)