E’ allarme sull’istituto del general contractor nelle opere pubbliche in Italia. Dopo i dubbi sulla sua efficacia sollevati nei mesi scorsi da Fondazione Inarcassa con il suo presidente Franco Fietta, nei giorni scorsi è arrivato il parere autorevole dell’Anac, che, sulla base della propria casistica di vigilanza, ha sottolineato che la figura del contraente generale non ha funzionato. Un esempio eclatante di tale fallimento viene fornita dall’indagine svolta dall’Autorità Anticorruzione sui lavori di Anas per la strada statale 106 Jonica, con particolare riguardo all’innesto con la SS 534 a Roseto Capo Spulico, da cui emerge un rilevante aumento del costo complessivo dell’intervento, e ritardi enormi nella realizzazione.
Un intervento che dà ragione agli allarmi lanciati in questi mesi da Fondazione Inarcassa, istituita nel 2011 e che rappresenta oggi in Italia circa 180.000 ingegneri e architetti liberi professionisti, come spiega ad Adnkronos/Labitalia il presidente Franco Fietta. “Quanto denunciato dall’Anac -sottolinea- è particolarmente preoccupante se pensiamo che ora con il Pnrr i tempi sono stretti, strettissimi e sforare anche di un anno sarebbe preoccupante. Se i tempi per le opere invece sono quelli dimostrati con le indagini da Anac è evidente il problema che abbiamo”, aggiunge.
Per Fietta, è arrivato il momento di dire basta alle scorciatoie. “Tutti i tentativi di spostare le attività tecniche sulle imprese hanno un costo enorme e non solo economico. La progettazione deve tornare al centro degli appalti pubblici, per garantire alla Pa e al Paese quella qualità architettonica e progettuale che solamente i liberi professionisti possono assicurare”, continua.
“Nel Pnrr più di general contractor si parla di appalto integrato ma i due istituti sono molto simili nel loro processo. Quantomeno sono preoccupanti per quanto riguarda l’aspetto della progettazione. Il progettista nell’appalto integrato come anche nel general contractor è a carico, dipende, dall’impresa”, aggiunge ancora preoccupato Fietta. “Noi proponiamo -spiega il presidente di Fondazione Inarcassa- che il progettista, come è sempre stato, come è giusto, sia il consulente della pubblica amministrazione, non sia il consulente dell’impresa. Il progettista deve essere pagato, e quindi deve entrare in gara, e avere un incarico, dalla parte pubblica. Questa è la soluzione quantomeno al problema della dipendenza dall’impresa, che noi non accettiamo”, rimarca ancora Fietta.
Secondo Fietta, “probabilmente il Paese è stato tratto in inganno dalla veloce ricostruzione del Ponte Morandi, ma in quel caso particolare la sovraesposizione mediatica ha reso possibile il ricorso a forme contrattuali e istituti più speditivi”. “Purtroppo, è sotto gli occhi di tutti che nelle opere pubbliche di minor cabotaggio le varianti, gli imprevisti e gli allungamenti dei cronoprogrammi sono la regola. Se la pubblica amministrazione rinuncia al supporto del professionista, che si pone quale interlocutore indipendente rispetto alle imprese, è autolesionista”, aggiunge ancora Fietta.
Secondo il presidente di Fondazione Inarcassa, “nel caso osservato dall’Autorità, i lavori sulla statale 106 jonica, è stato rilevato che, a partire dalla progettazione esecutiva, il costo contrattuale era aumentato del 24%, oltre ad un consistente ritardo di consegna dell’opera che ha comportato un inevitabile contenzioso tra le parti”. “I risultati pubblicati dall’Anac confermano la posizione che la Fondazione Inarcassa ha sempre sostenuto. Per assicurare qualità della progettazione e sicurezza dell’opera, è fondamentale, che i ruoli del progettista e costruttore restino separati”, conclude Fietta.