In questi ultimi mesi, anche in virtù dell’avvio del Pnrr, “c’è stato sicuramente un aumento soprattutto di piani, di programmi di spesa per nuovi investimenti. Sui consuntivi si registra ancora abbastanza poco perché c’è un po’ di inerzia nell’implementare questi piani, ma sicuramente riguardo alla spesa, fotografiamo fermento e impegno”. Mariano Corso, docente di Leadership and Innovation alla School of Management del Politecnico di Milano e co-founder degli Osservatori Polimi sull’Innovazione digitale, riepiloga ad Adnkronos/Labitalia le trasformazioni digitali che hanno interessato il sistema sanitario in questi ultimi mesi, ancora di piena pandemia.
Il Pnrr avrà un impatto notevole sulla digitalizzazione in sanità: “Non è ancora ben chiaro come arriveranno alle Asl le risorse -ricorda Corso- però si sa che sono a disposizione risorse decisamente ingenti e, quindi, si stanno programmando le modalità con cui queste risorse andranno spese. Sono state lanciate dalla Consip alcune grandi gare (alcune delle quali già concluse), però l’effetto in termini di consuntivo di spesa ci sarà soltanto a partire ai prossimi mesi. Per ora sono stati mesi di grande progettazione”.
La sanità è materia di competenza regionale: cosa che solleva alcuni interrogativi sull’uniformità dei processi di transizione digitale e soprattutto sulla garanzia dell’interoperabilità e della scalabilità dei dati. “Rispetto all’impianto complessivo del Pnrr che sta assumendo i connotati di uno sforzo top-down (cioè che parte dall’alto, individua alcuni grandi progetti e linee standard a cui le singole amministrazioni o le imprese devono semplicemente aderire), questo sulla sanità avviene solo parzialmente perché in questo ambito, per dettato costituzionale, abbiamo un triplo livello di competenze: Stato, Regioni e Aziende sanitarie che devono avere una certa autonomia. Le competenze stanno fondamentalmente alle Regioni e, per questo, lo staff governo-Mef sta lavorando meno in un’ottica top down, se non su un aspetto che è certamente rilevante che è quello del Fascicolo sanitario elettronico, che costituisce un po’ l’ossatura di connessione dei dati”.
Al Fascicolo Sanitario Elettronico è affidato un compito centrale nella transizione digitale e se in passato, ricorda Corso, “è stato soprattutto uno strumento che ha connesso dati legati alla gestione del sistema sanitario, ora si sta cercando invece di far evolvere questa ossatura vero l’ambito del dato clinico”. “E questo è un elemento importantissimo sia per la ricerca che per la cura”, sottolinea il professore precisando che si tratta di uno strumento “molto difficile da muovere a livello di singola azienda o singola Regione, anche perché ha delle implicazioni non banali dal punto di vista della protezione dei dati”. Quindi, rimarca, “bene che da questo punto di vista il governo continui a considerare il Fse come l’infrastruttura cardine del Ssn e stia spingendo centralmente per un ridisegno rispetto al quale poi si rifinanzieranno progetti di adeguamento alla nuova architettura definita in modo centrale”.
Insomma, in ambito sanitario il Pnrr, dice, si è dato “un’architettura più regionale rispetto a quanto non avvenga rispetto alle altre 5 missioni”: “Un aspetto -evidenzia Corso- positivo. La sanità è una materia estremamente delicata e complessa, che richiede non tanto soluzioni standard, se non su aspetti infrastrutturali come il passaggio al cloud. Il fatto che le infrastrutture di calcolo, archiviazione ed elaborazione delle aziende debbano andare verso infrastrutture centrali cloud protette, sia per una questione di economicità sia per una questione di sicurezza e performance, è più facile da affrontare in una logica top-down”.
Di questa interconnessione, a cui dovranno approdare i sistemi sanitari regionali e addirittura locali, si è vista una sorta di prova generale, durante la pandemia, con le piattaforme regionali per le prenotazioni delle vaccinazioni.
Partite in ordine sparso, poi, ricorda Corso, “è stata fatta una scelta centrale che ha pagato”. Gli utenti hanno visto, e toccato con mano, semplicità e velocità nell’accedere alla prestazione. “Gli utenti devono vedere un vantaggio -ribadisce Corso- e anche con il Fascicolo Sanitario Elettronico i vantaggi sarebbero molteplici. A questo proposito, bisogna dire che c’è stato anche un forte cambiamento di abitudini dei cittadini che si sono abituati a certe app, dove possono trovare il green pass e le ricette elettroniche. C’è stato un forte switch-off digitale dal punto di vista dei pazienti, almeno sui servizi più standard; su temi sui quali si concentra anche il Pnrr come la telemedicina le reti di prossimità c’è ancora un lavoro da fare di creazione di servizi di promozione dei servizi stessi e perché poi come sempre in sanità il modello e la visione è più comune di quella in altri ambiti”.
Invece lo svantaggio forte è che “la popolazione che fruisce della sanità non è una popolazione comparabile col cittadino medio, perché il consumo dipende fortemente dalla fascia anagrafica”, avverte. “E gli ultra 80enni – prosegue – consumano quanto tutti gli altri. Il che può tramutarsi in un vantaggio se ci si concentra sul digitalizzare i percorsi specifici di pratica clinica su alcune specifiche patologie croniche. Si intercetta e si raccoglie la domanda di cura più rilevante”.
In questo processo, un ruolo rilevante lo stanno svolgendo i medici di medicina generale “più vicini ai cittadini grazie al digitale – osserva – e questo ha permesso, tra l’altro, un fortissimo aumento di produttività”. Rimane il problema della mancanza, anche in sanità di figure di e-leadership. “Mancano cioè -spiega Corso- competenze manageriali legate alla trasformazione dei processi e al change management legato al digitale. Nelle Aziende sanitarie questo è un problema perché tradizionalmente in ogni Regione (anche se ci sono modelli diversi) è consolidata la prassi che ci siano un direttore sanitario, un direttore amministrativo e un direttore generale: invece la collocazione di quello che sono i responsabili della transizione digitale è molto varia e vaga, e spesso sono figure con competenze solo operative”. (di Mariangela Pani)