Cancro seno avanzato: “Raggiunto record sopravvivenza”

È la più lunga sopravvivenza finora raggiunta nel carcinoma della mammella avanzato e ciò ci consente di parlare di vera e propria cronicizzazione della malattia. Così, in una nota Novartis, descrive i risultati dell’analisi finale di sopravvivenza globale (Os) dello studio di Fase III ‘Monaleesa-2’, che ha valutato ribociclib in combinazione con letrozolo, rispetto a placebo più letrozolo, nelle donne in postmenopausa con tumore della mammella avanzato o metastatico positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-) senza precedenti trattamenti sistemici nel setting avanzato. I dati sono illustrati, oggi, con una presentazione orale late-breaker al Congresso 2021 della Società europea di Oncologia medica (Esmo). 

Ribociclib in combinazione con letrozolo – riporta la nota – ha soddisfatto l’endpoint secondario di sopravvivenza globale, dimostrando un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante nella sopravvivenza. L’analisi ha rilevato che ad un follow-up mediano di più di 6 anni, il più lungo tra gli studi ad oggi sugli inibitori CDK4/6, la differenza stimata nel miglioramento della sopravvivenza globale mediana era di oltre 1 anno. Lo studio ha dimostrato che dopo 5 anni, le pazienti trattati con ribociclib in combinazione con letrozolo hanno avuto più del 50% di possibilità di sopravvivenza rispetto alle pazienti che assumevano solo letrozolo.  

“Nel 2020, in Italia, sono stati stimati circa 55mila nuovi casi di questa neoplasia”, riferisce Saverio Cinieri, direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’ospedale Perrino di Brindisi e presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). “Più di 37mila donne vivono con la diagnosi di malattia metastatica. I dati del Monaleesa-2 riguardano la popolazione con carcinoma mammario più frequente nella pratica clinica quotidiana. Le donne in post menopausa rappresentano infatti circa il 70% di quelle con tumore al seno endocrino-sensibile e la metà di queste corrisponde al profilo delle pazienti incluse nello studio. Questi importanti dati di sopravvivenza globale sono incoraggianti e ci consentono di affermare che è stato raggiunto l’obiettivo di cronicizzare la malattia avanzata”.  

“Attendevamo con ansia questi dati, che sono molti solidi e confermano l’efficacia della terapia a bersaglio molecolare con ribociclib”, afferma Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia senologica e toraco-polmonare dell’Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli. “Vi erano già due studi con ribociclib condotti su popolazioni diverse: Monaleesa-7 e Monaleesa-3. Il ‘pezzo’ mancante era proprio il Monaleesa-2. Lo studio è maturo, con un follow up mediano di circa 80 mesi: questo significa che metà delle pazienti è stata seguita per almeno 7 anni. Siamo di fronte a una sperimentazione il cui risultato è stabile, definitivo. Ribociclib ha mostrato una riduzione del 24% del rischio di morte, coerente con quanto già visto negli altri due studi Monaleesa”.  

“Altro dato che conferma la validità del farmaco – prosegue l’oncologo – è la sopravvivenza globale mediana, pari a 63,9 mesi. È la più lunga mai registrata in tutti i tipi di tumore della mammella. Significa che metà delle pazienti vive più di 5 anni. I dati delle tre sperimentazioni su ribocliclib si rafforzano a vicenda e lo pongono come l’unico inibitore CDK4/6 ad aver dimostrato un vantaggio in sopravvivenza globale in tutte le popolazioni studiate, quindi in donne in pre/peri e postmenopausa e con diverse combinazioni ormonali”.  

Nello studio Monaleesa-2 – riferisce ancora la nota – si è registrato un ritardo di 12 mesi nel tempo libero da chemioterapia con ribociclib e letrozolo rispetto alle pazienti che assumevano solo letrozolo. 

“Il trattamento standard dei tumori mammari positivi per i recettori ormonali è la combinazione di un inibitore di cicline con il trattamento ormonale”, sottolinea Pierfranco Conte, direttore Divisione di Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto di Padova.”Ribociclib è l’unico farmaco della classe degli inibitori CDK4/6 in grado di vantare una totale coerenza e solidità di risultati, indipendentemente dalla condizione menopausale e dalla linea di terapia. Un altro ‘numero’ che misura la portata dello studio Monaleesa-2 è che, a 6 anni di follow up, quasi la metà delle donne, il 44%, è ancora vivo. Sono dati mai visti con nessun trattamento in questa popolazione di pazienti” e “l’Italia ha contribuito in maniera importante a tutto il programma degli studi Monaleesa”, sottolinea.  

“Gli inibitori di CDK4/6, inoltre – prosegue Conte – permettono di evitare il ricorso alla chemioterapia in prima linea o di posticiparla, con grandi vantaggi in termini di qualità di vita e di minori tossicità. Grazie a questa terapia riusciamo a offrire alle pazienti non solo una sopravvivenza a lungo termine ma anche a migliorare la loro qualità di vita, con un ottimo controllo della malattia. La maggioranza delle donne infatti può continuare a condurre una vita normale”.  

In questa analisi con un follow up più lungo non sono stati osservati nuovi eventi avversi; il profilo di sicurezza era coerente con i risultati precedentemente riportati nello studio di Fase III, informa la nota di Novartis che – annuncia il gruppo – sottometterà i dati alle autorità regolatorie mondiali per aggiornare i dati.  

(Adnkronos)