Elisabetta e l’ipotesi della caduta, il geriatra: “Tappa finale per tanti anziani”

(Adnkronos) – “E’ come con un vaso di cristallo delicatissimo”: anche quando sembra perfettamente integro, per romperlo “non c’è bisogno di lanciarlo a 10 metri; a volte basta una persona che inavvertitamente gli passa vicino e gli dà una spinta leggera, e lui va in frantumi”. Mentre sulle cronache italiane ribalza da fonti inglesi l’indiscrezione che la regina Elisabetta potrebbe essere morta dopo una caduta accidentale nel castello scozzese di Balmoral, Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia e presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria, descrive così all’Adnkronos Salute l’effetto che può produrre negli anziani il più banale degli incidenti domestici. “Spesso – spiega – è la tappa finale di una storia che si era tenuta in equilibrio per molto tempo”. 

“Non voglio certo fare una diagnosi sulla morte di Elisabetta II”, tiene a premettere lo specialista. Ma commentando l’ipotesi, Trabucchi conferma che “le cadute sono oggi uno dei principali problemi della medicina geriatrica. Uno dei più gravi, spesso l’evento fatale. Ecco perché noi medici diciamo che le cadute degli anziani vanno prevenute con assoluta determinazione, come uno dei fondamentali obiettivi di assistenza dell’anziano fragile nelle età più avanzate. Oltre i novant’anni, quando una persona ha per esempio una malattia di cuore, difficoltà cardiorespiratorie, magari un tumore – analizza l’esperto parlando sempre in linea generale – la prevenzione delle cadute è l’aspetto più importante, proprio perché cadere può voler dire rompere un equilibrio molto difficile e delicato, che però esisteva e durava da tempo”.  

In un grande anziano, scivolare o inciampare può accelerare la morte perché specialmente in questi casi “la caduta può provocare non soltanto un trauma o una frattura – precisa Trabucchi – ma causare complicanze come uno scompenso cardiocircolatorio generale, spesso uno stato infiammatorio improvviso molto violento. Tutte situazioni che possono portare rapidamente al decesso”. 

“Il problema vero è che spesso non si ha coscienza di questo – rimarca il geriatra – Quindi lo stesso anziano, se è cognitivamente in salute, va messo in guardia. Gli va fatto capire che cadere sarebbe la cosa peggiore. Bisogna convincerlo a chiedere aiuto di notte se si alza, o di giorno anche quando deve fare appena pochi gradini. Gli va detto di aspettare, di farsi accompagnare da qualcuno, di non provare mai a superarsi. Questo è il problema perché anche un 90-95enne, se si sente bene, è portato a rischiare ed è davvero un pericolo”, avverte Trabucchi.  

Un monito supportato dai dati riportati online dall’Istituto superiore di sanità sulla base del sistema di sorveglianza Passi d’argento. Emerge che nel quadriennio 2017-2020 l’8% degli intervistati ha dichiarato di essere caduto nei 30 giorni precedenti l’intervista e nel 18% dei casi è stato necessario un ricovero in ospedale di almeno un giorno. Le cadute avvengono per lo più all’interno della casa (63%); meno frequentemente in strada (21%), in giardino (11%) o altrove (6%). Tuttavia, si legge sul portale ‘Epicentro’ dell’Iss, “la casa non è percepita dagli anziani come un luogo a rischio di cadute: solo un intervistato su tre la reputa un luogo in cui la probabilità di avere un infortunio è alta o molto alta”, anche se “questa consapevolezza cresce con l’età (44% fra gli ultra 85enni) ed è maggiore fra le donne (39% contro il 26% fra gli uomini)”. 

Le cadute – risulta ancora dall’indagine – sono più frequenti con l’avanzare dell’età (le riferiscono il 7% dei 65-74enni e il 12% degli ultra 85enni) e fra le donne (90% contro il 7% negli uomini). Però solo circa 4 intervistati su 10 hanno paura di cadere, dato che sale a 7 su 10 fra chi ha già vissuto questo evento. In ambiente domestico, complessivamente soltanto il 68% ricorre all’uso di almeno un presidio anti-caduta fra tappetino nella vasca da bagno o nella doccia, maniglioni o seggiolini; il restante 32% non li utilizza, anche se l’impiego di questi presidi è più frequente al crescere dell’età (81% tra gli ultra 85enni) e tra le donne (72%).  

Infine, rileva l’Iss, “ancora troppo bassa sembra l’attenzione degli operatori sanitari al problema delle cadute fra gli anziani. Solo il 16% degli intervistati dichiara di aver ricevuto, nei 12 mesi precedenti l’intervista, il consiglio dal medico o da un operatore sanitario su come evitare le cadute”. 

(Adnkronos)