Salute, Pace (Aisd): “Diagnosi e presa in carico dolore cronico ancora difficile”

(Adnkronos) – “L’informazione che riguarda il dolore cronico è scarsa e insufficiente. Questo fa sì che il paziente che ne soffre impieghi diverso tempo prima di rivolgersi a un medico e ricevere una diagnosi. Anche la rete dei centri per la terapia del dolore è frammentata a livello geografico e questo rappresenta un’ulteriore difficoltà per la presa in carico dei pazienti”. Così Maria Caterina Pace, professore ordinario di Anestesia e Rianimazione all’università degli studi della Campania ‘L. Vanvitelli’ di Napoli e Past President dell’Associazione italiana per lo studio del dolore (Aisd) oggi in occasione della conferenza stampa, a Milano, per la presentazione della campagna ‘E tu sai cosa si prova? Superare il dolore si può’, promossa da Sandoz con il patrocinio di Aisd, FederDolore – Sicd, Fondazione Isal, Fondazione Onda e Società italiana di medicina generale Simg).  

“Poiché non tutti sanno che il dolore cronico è una vera e propria patologia invalidante – sottolinea Pace – spesso chi ne soffre, prima di rivolgersi ad un medico o a uno specialista, adotta un approccio ‘fai da te’, assumendo magari analgesici da banco. Quando queste persone si accorgono dell’impatto drammatico che il dolore ha sulla loro qualità della vita – continua – cercano risposte concrete dai professionisti. Prima di ricevere una diagnosi però, può passare diverso tempo, anche a causa della scarsa preparazione in materia di molti medici”. Qualora il medico di medicina generale quindi non dovesse fornire al paziente risposte concrete sulla gestione e il trattamento del dolore cronico, l’esperta consiglia “di attivarsi autonomamente, cercando un centro che si occupi di terapia del dolore. Nel momento in cui il paziente acquisisce la consapevolezza che ha un dolore che non passa – ricorda Pace – deve assolutamente rivolgersi a un medico e, possibilmente, ad un medico specialista”.  

Il dolore cronico – è stato ricordato all’evento – è un dolore persistente che dura più di tre mesi e che, quindi, non può più essere una forma di protezione per l’organismo, come nel caso del dolore acuto, che funge da ‘campanello d’allarme’. “Il dolore cronico – spiega Pace – si configura come una vera e propria patologia che impatta gravemente sulla vita quotidiana della persona che ne soffre”. Esistono diverse tipologie di dolore cronico: “la più frequente è quella che riguarda l’apparato muscolo-scheletrico – illustra Pace –  c’è poi il dolore cronico oncologico e quello dovuto a malattie reumatiche e alla fibromialgia”. La migliore cura è certamente la prevenzione, che passa attraverso la promozione di uno stile di vita sano e attivo, ma quando è necessario, servono i farmaci e, a volte, la fisioterapia. “A seconda del tipo di dolore e della sua intensità – conclude l’esperta – si utilizzano terapie farmacologiche differenti. Se il dolore è in stadio molto avanzato, e se ci sono altre necessità, si possono prendere in considerazione trattamenti anche invasivi, come alcune forme di stimolazione midollare”. 

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