Thanksgiving, dalle americanate alla versione ‘made in Italy’ ma senza tacchino

(Adnkronos) – Sono trascorsi 160 anni da quando Abram Lincoln, durante la Guerra di secessione americana, proclamò la celebrazione del giorno del Ringraziamento e ben 402 anni dal 1621, anno in cui i Padri Pellegrini si riunirono a Plymouth per ringraziare il signore del primo raccolto. “È quello che nella tradizione è passato come il Thanksgiving day, una festività autenticamente americana da rischiare di essere ricordata come un’americanata. La solita americanata? Più o meno, in realtà tale ricorrenza trova il suo fulcro in un pasto conviviale e ogni anno, cadendo il terzo giovedì di novembre, dà l’avvio alla stagione del Natale, secondo un calendario diverso da quello cristiano che in Europa invece comincia propriamente con la prima domenica d’avvento”. A fare il punto all’Adnkronos Salute Mauro Minelli, immunologo e docente di dietetica e nutrizione umana all’Università Lum di Bari, mel giorno della festa del ringraziamento. 

“Il tipico menù consiste in un raggruppamento di tutti i prodotti della terra, tacchino a parte, che i nativi americani del Massachusetts insegnarono a coltivare e poi a raccogliere ai profughi religiosi approdati nella baia di Cape Cod – ricorda Minelli – I protagonisti del pranzo sono sicuramente il tacchino arrosto ripieno e tanti contorni, come la salsa di mirtilli rossi, il purè con sugo di carne, le patate dolci e i cavoletti di Bruxelles; poi, alla fine è doveroso gustare la tipica torta di zucca. Anche in Italia, ormai si sta radicando questa festa, vuoi per il profondo significato di gratitudine che nasconde, vuoi per la gioia della convivialità che le appartiene e, forse soprattutto, per il fascino che le tradizioni d’oltreoceano esercitano sulle usanze e i costumi del vecchio continente, sempre molto (troppo) sensibile ad importare tendenze culturali americani, specie se ben propagandate dal cinema. 

“Ma chiediamoci quale potrebbe essere la versione italica del tacchino a stelle e strisce? – si chiede l’immunologo – Il tradizionale elemento di unione condiviso in tutta Italia e apprezzato nel mondo è la pasta, che potrebbe reggere bene il confronto con il tacchino, in quanto simbolo identitario indiscusso della cultura italiana. Rendere la pasta protagonista del giorno del ringraziamento significa permettere a tutti di onorare la tradizione, anche ad esempio a chi ha adottato stili di vita ‘cruelty free’. La pasta è un alimento versatile: ha tantissimi formati, può essere fatta di farina di grano duro, ma anche di farine di cereali diversi dal grano o antichi come il farro o orzo o il khorasan, per non parlare dell’elevata quantità di pasta prodotta con farine alternative senza glutine o con farina di legumi”.  

“Con la pasta si può realizzare un gran numero di piatti stagionali dalle benefiche proprietà nutrizionali. Un’idea per il pranzo del ringraziamento ‘made in Italy’ potrebbe essere quella di festeggiare con pasta fresca tradizionale pugliese, tipo orecchiette con condimenti semplici come sugo di pomodoro e una spolverata di parmigiano o un poco più complessi come ragù di carne di vitello o cime di rapa e acciughe. Altro piatto potrebbe essere composto da una pasta ripiena con zucca e castagne condita con un sugo di funghi o ancora timballi di pasta”, suggerisce Minelli.  

“Piatti ricchi di proteine, di fibre e di carboidrati, che costituendo il 45-60% delle nostre calorie giornaliere raccomandate ed essendo provvisti di vitamine e sali minerali, possono formare un alimento completo. Insomma – conclude – è solo un’ipotesi alternativa, senza per questo voler sfidare a duello il tacchino anche perché nei duelli sotto il sole di mezzogiorno gli americani sono storicamente in vantaggio, da vecchi e abili pistoleros” 

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