Claudia Pandolfi è la mamma di Andrea Spezzacatena al cinema: “Il silenzio uccide”

(Adnkronos) – “Come dice Teresa Manes, è stato il silenzio ad uccidere Andrea. Serve educazione alla fragilità”. Così all’Adnkronos Claudia Pandolfi che torna al cinema nei panni di Teresa, la mamma di Andrea Spezzacatena, che nel 2012 si è tolto la vita dopo aver subito atti di bullismo e cyberbullismo. La sua storia prende vita sul grande schermo ne ‘Il ragazzo dai pantaloni rosa’ – come il nome della pagina Facebook attraverso cui i bulli scrivevano insulti omofobi e minacce contro Andrea – presentato oggi ad Alice nella Città (sezione autonoma e parallela alla Festa del Cinema) e dal 7 novembre nelle sale con Eagle Pictures.  

“Da donna, da mamma e da essere umano mettermi nei panni di Teresa Manes è stato impossibile dal punto di vista emotivo”, racconta Pandolfi, che quando ha “incontrato Teresa pensavo di trovarmi davanti una donna in crisi. E invece no. È diventata una specie di monolite con un’elaborazione profondissima del suo dolore e dei suoi sensi di colpa. Si è chiesta mille volte ‘cosa non ho colto?’. Ma io – prosegue – la capisco perché aveva deciso di rispettare la privacy di un adolescente che torna in casa e non ha voglia di raccontarti la giornata. Ci sta”. Andrea, dal canto suo, “ha pensato di poter gestire quel suo disagio”. La vita dei ragazzi di oggi, secondo l’attrice, “è performante. Sui social vieni costantemente giudicato da una massa difficile da contenere”.  

In passato, lontano dai social media, “ci voleva coraggio ad andare a picchiare qualcuno. Oggi non ci vuole coraggio a insultare qualcuno dietro una tastiera. Ma quel commento fa più male di un cazzotto in faccia perché aderiscono molte persone”. Serve “educazione digitale ma anche emotiva. La situazione – dice Pandolfi – è sfuggita di mano” e “gli adulti sono distratti da loro stessi. Con i social hanno dato alla vanità una priorità importante nella vita”. Da mamma “ho una certa attenzione nei confronti dei miei figli, cerco di non farli aderire al male”, conclude. (di Lucrezia Leombruni) 

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