(Adnkronos) –
Non ci fu violazione dei diritti umani verso gli operatori sanitari no vax sospesi dal loro lavoro e spostati in ruoli amministrativi perché avevano rifiutato la vaccinazione contro il Covid-19. Sanitari che furono poi reintegrati dopo l’emergenza nel servizio sanitario della Repubblica di San Marino. Per la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) non c’è stata nessuna ‘discriminazione’. E’ stato quindi bocciato, in una sentenza datata 29 agosto, il ricorso di 26 persone tra le quali 19 sammarinesi, 6 italiani, una moldava
Per la Corte le misure adottate sono, infatti, da ritenere ‘proporzionate e giustificate’ rispetto all’obiettivo legittimo, in quel determinato momento, di protezione della salute della popolazione in generale. Secondo la sentenza, nel contesto pandemico, le misure miravano a mantenere adeguate condizioni di sicurezza rispetto a un grave rischio per la popolazione in generale. Inoltre le persone non vaccinate – evidenzia la sentenza- risultavano più vulnerabili alle gravi conseguenze della malattia. In più, per la Corte europea, i ricorrenti non sono riusciti a dimostrare in che modo la loro dignità o il loro benessere emotivo siano stati influenzati dalle misure adottate dallo Stato di San Marino.
I ricorrenti, in ogni caso, hanno ora tre mesi per un eventuale ricorso alla Camera Grande della Corte europea dei diritti dell’uomo che può emettere una sentenza definitiva.
Ancora una volta “si ribadisce come l’interesse prioritario da parte di un legislatore, di uno Stato, di un governante debba essere quello della tutela della salute pubblica e quello di mettere in sicurezza i cittadini, anche quando decidono di non vaccinarsi, perché così sono anche i più esposti alle conseguenze dell’infezione”. Così, il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, commenta la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha respinto il ricorso di 26 operatori sanitari contro la Repubblica di San Marino che li aveva sospesi dalla loro attività di assistenza diretta ai pazienti perché, durante la pandemia, avevano rifiutato il vaccino.
La Corte ha ritenuto le misure adottate ‘proporzionate e giustificate’ rispetto all’obiettivo legittimo, in quel determinato momento, di protezione della salute della popolazione in generale e degli stessi ricorrenti. “Le motivazioni della sentenza, inoltre – continua Anelli – si collocano anche nel solco della sentenza della Corte Costituzionale italiana che aveva giudicato le misure adottate dal Governo del nostro Paese non sproporzionate, quindi adeguate alla situazione pandemica che era in atto”, ricorda Anelli.
La sentenza europea evidenzia, dice ancora Anelli, “che gli Ordini professionali, che sono enti pubblici dello Stato, abbiano svolto fino in fondo il compito assegnato che era quello di tutelare la salute pubblica in un momento difficile come è stato quello della pandemia, svolgendo adeguatamente il loro ruolo”, ha concluso.