Covid e scuola, Gimbe: “Italia ha puntato solo su vaccini”

Per la ripartenza delle scuole in sicurezza, nel secondo autunno di convivenza con Covid-19, “finora l’Italia ha puntato solo sulla vaccinazione. Ma per i ragazzi under 12 non è disponibile nessuna dose di vaccino”, perché nessun prodotto è stato ancora autorizzato in questa fascia d’età, “e tanti over 12 non sono ancora vaccinati. Inoltre, il protocollo d’intesa del ministero ha derogato al concetto di distanziamento che è diventato una sorta di obbligo flessibile, e c’è anche la questione trasporti. Rispetto a tutte le strategie che possono essere messe in atto nella scuola, noi ne stiamo utilizzando solamente alcune”. Lo ha sottolineato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, intervenuto a ‘L’Italia s’è desta’ su Radio Cusano Campus. 

Quanto al possibile impatto della ripresa scolastica sull’andamento della curva epidemica, “l’ultimo report di venerdì dell’Istituto superiore di sanità ancora non mostra grandi movimenti di numeri. Però dobbiamo anche considerare che è ancora presto: ci vogliono almeno 2-3 settimane per vedere eventuali incrementi di contagi”, ha precisato Cartabellotta. 

L’esperto evidenzia poi che “le cose stanno andando abbastanza bene. Da 2 settimane consecutive i casi settimanali” di Covid-19 “sono in discesa, e anche sul versante ospedaliero si stanno riducendo sia i ricoveri ordinari sia le terapie intensive. Non possiamo che attribuire alle vaccinazioni questo risultato, che ci pone in una situazione migliore rispetto ad altri Paesi europei. Sono positivo e ottimista. A quasi 6 mesi dalle riaperture, il ‘rischio ragionato’ ha funzionato perché di quello che è stato riaperto non è stato chiuso quasi nulla”. “E’ chiaro – ha aggiunto – che il fattore stagionale porterà ad un aumento della circolazione del virus, poi gli imprevisti possono essere rappresentanti da nuove varianti e dal calo della protezione del vaccino, ma noi ci stiamo già attrezzando con la terza dose. Finora l’efficacia si mantiene intorno al 93-96% per quanto riguarda la malattia grave”, ha ricordato l’esperto. 

 

(Adnkronos)