Non solo chiusure, la pandemia a Covid-19 ha fatto crollare anche la nascita di imprese. Tra il 2020 ed i primi sei mesi del 2021, le aperture di nuove attività economiche sono calate del -13,3% rispetto al periodo pre-covid, per un totale di quasi 75mila imprese mai nate a causa della crisi, di cui circa un terzo nel commercio e nel turismo. A lanciare l’allarme è Confesercenti, sulla base di elaborazioni condotte sui dati resi disponibili dalle Camere di Commercio.
Il calo di iscrizioni di nuove attività, sottolinea Confesercenti, è l’effetto più evidente della crisi sanitaria sul tessuto delle imprese. Mentre i ristori e gli indennizzi, infatti, sono riusciti a limitare le chiusure di attività nel breve termine, l’emergenza sanitaria ha avuto un forte impatto sulle nuove aperture. Un impatto avvertito soprattutto nel 2020: l’anno della pandemia ha visto nascere 61mila imprese in meno rispetto al 2019. Ma il calo è proseguito, anche se in forma più lieve, anche nel primo semestre 2021 (-14mila iscrizioni).
A scoraggiare le avventure imprenditoriali, rileva Confesercenti, è, in primo luogo, l’incertezza creata dal prolungarsi della pandemia e delle restrizioni, sconfinate nel primo semestre del 2021, che hanno condizionato negativamente la ripresa dei consumi. I neo-imprenditori si trovano ad affrontare un quadro estremamente competitivo, che richiede alle start-up maggiori competenze e investimenti importanti, a partire dalla tecnologia. Risorse che difficilmente le imprese che partono da zero riescono ad ottenere attraverso i canali tradizionali del credito.
Il crollo delle nascite di nuove imprese ha coinvolto tutti i settori d’attività economica, anche se con intensità differente. Circa un terzo delle nuove imprese sparite è infatti nel commercio e nel turismo, dove rispetto al pre-covid mancano all’appello quasi 25mila attività tra commercio all’ingrosso e al dettaglio (-11.641, -13,1%), l’alloggio (-1.854, -41,9%), la ristorazione (-6.855, -32,9%) e i servizi di agenzie viaggio, tour operator e noleggio auto (-3.805, -17,3%). Perdite rilevanti di nuove aperture si registrano anche nelle attività manifatturiere (-5.924), costruzioni (-3.033), agricoltura, silvicoltura e pesca (-2.257), trasporto e magazzinaggio (-1.854). Unica eccezione le attività finanziarie e assicurative, che invece registrano un aumento di iscrizioni di nuove imprese (+1.504).
Le nuove imprese diminuiscono in tutte le regioni, anche se con differenze rilevanti a livello territoriale. A subire in proporzione l’impatto peggiore sono la Liguria (-18,4% di nuove iscrizioni), Umbria (-17,3%) e Molise, (-16,4%); i danni più contenuti sono invece in Basilicata (-8,3%), Campania (-10,2%) e Sardegna (-10,4%). Se si esamina il numero assoluto di imprese mai nate, invece, le regioni che hanno registrato i cali maggiori di iscrizioni sono quelle in cui il tessuto produttivo è di maggiori dimensioni. Maglia nera è la Lombardia, che ha visto sparire -11.469 iscrizioni. Seguono Lazio (-9.544 nuove imprese), Piemonte (-6.052), e Toscana (-6.052), anche se nessuna regione sfugge all’emorragia di nuove aperture.