(Adnkronos) – Addio al regista e sceneggiatore Paolo Taviani, che con il fratello Vittorio (scomparso all’età di 88 anni il 15 aprile 2018) ha formato la coppia più impegnata e importante del cinema italiano del secondo dopoguerra.
Nato a San Miniato (Pisa) l’8 novembre 1931, poco più di due anni dopo Vittorio, Paolo è morto oggi nella clinica Villa Pia a Roma all’età di 92 anni dopo una breve malattia. Accanto a lui fino all’ultimo la moglie Lina Nerli, costumista di fiducia dei due fratelli registi e di tanti altri film, e i figli Ermanno e Valentina. Lunedì 4 marzo si terrà la cerimonia laica funebre alla Promototeca del Campidoglio dalle ore 10 alle 13.
“I fratelli Taviani” sono diventati nel tempo un vero e proprio ‘marchio cinematografico’: nel 1967 iniziarono un’attività autonoma, dirigendo, da allora sempre insieme, il primo film, “I sovversivi”. Coerenti interpreti di un cinema civilmente impegnato, nella seconda fase della loro carriera, pur continuando a rappresentare la necessità e il rimpianto dell’utopia, si sono dedicati soprattutto alla rievocazione del passato e alla trascrizione filmica di opere letterarie.
Tra i film di maggior successo dei fratelli Taviani figurano: “Sotto il segno dello Scorpione” (1969); “San Michele aveva un gallo” (1971); “Allonsanfàn” (1974); “La notte di San Lorenzo” (1982); “Kaos” (1984), ispirato alle novelle di Luigi Pirandello; “Fiorile” (1993); “Le affinità elettive” (1996), dall’originale romanzo omonimo di Goethe; “Tu ridi” (1998). Nella loro filmografia spicca “Padre padrone” (1977), dal libro-simbolo dello scrittore sardo Gavino Ledda, vincitore della Palma d’Oro e del Premio della Critica al Festival di Cannes, con Roberto Rossellini presidente della giuria. La pellicola ottenne anche il Gran Prix al Festival di Berlino, il David di Donatello speciale e il Nastro d’Argento per la miglior regia.
Del 2007 è “La masseria delle allodole”, tratto dall’omonimo bestseller della scrittrice Antonia Arslan che racconta il genocidio del popolo armeno durante la prima guerra mondiale, mentre nel 2012 i due registi hanno diretto “Cesare deve morire”, dramma carcerario ambientato a Rebibbia che nello stesso anno è stato insignito dell’Orso d’oro al Festival di Berlino ed è valso ai Taviani i due maggiori premi ai David di Donatello, quelli di miglior film e di migliore regista.
Nel 2015 i fratelli sono tornati alla regia con “Maraviglioso Boccaccio”, liberamente ispirato al Decamerone, cui ha fatto seguito nel 2017 “Una questione privata”. Nel 2016 hanno ricevuto il David di Donatello Speciale per il 60° anniversario della cerimonia.
Figli di un avvocato che sotto la dittatura fascista aveva incontrato le ostilità del regime per le sue idee politiche, in gioventù Paolo e Vittorio, assieme a un amico partigiano, Valentino Orsini, organizzarono degli spettacoli e delle proiezioni cinematografiche a Pisa e Livorno, dando presto vita al Cineclub di Pisa. I tre amici inseparabili nel 1954 iniziarono a realizzare una serie di documentari a sfondo sociale, largamente ispirati al Neorealismo e in particolar modo alla pellicola di Roberto Rossellini “Paisà”, come “San Miniato, luglio ’44” (1954) con la collaborazione di Cesare Zavattini, e “L’Italia non è un paese povero” (1960) di Joris Ivens.
on Valentino Orsini i fratelli Taviani firmarono i film “Un uomo da bruciare” (1962) e “I fuorilegge del matrimonio” (1963). Il primo film autonomo dei Taviani fu “I sovversivi” (1967), con il quale anticipavano gli avvenimenti del ’68. Con Gian Maria Volonté raggiunsero il grande successo con “Sotto il segno dello scorpione” (1969) in cui s’avvertono gli echi di Brecht, Pasolini e Godard. Era l’inizio di una filmografia più unica che rara del cinema italiano.
La tematica della rivoluzione è poi presente sia in “San Michele aveva un gallo” (1972), adattamento del racconto di Lev Tolstoj “Il divino e l’umano”, film molto apprezzato dalla critica, vincitore del premio Interfilm a Berlino, che nel film sulla Restaurazione “Allonsanfàn” (1974) in cui si rilegge l’epoca attraverso la lente di una differente coscienza storica per segnalare il tradimento della classe proletaria: protagonista è Marcello Mastroianni, attorniato da Laura Betti e Lea Massari. In entrambe le pellicole sono presenti i loro attori feticcio Giulio Brogi e Renato Scarpa.
Ma è con “Padre padrone”, autobiografia di Gavino Ledda, ex pastore sardo diventato scrittore e filologo, che nel 1977 i fratelli Taviani guadagnarono fama internazionale grazie alla Palma d’Oro e al Premio della Critica al Festival di Cannes.
La filmografia dei Taviani è continua con “Il prato” (1979), in cui si riscontrano echi neorealistici, e “La notte di San Lorenzo” (1982) che ha aggiunto un attore feticcio in più alla loro lista: Omero Antonutti che ben si è destreggiato nella storia di un gruppo di uomini e donne che fuggono dai tedeschi nel tentativo di raggiungere una zona occupata dagli alleati. La musica di Nicola Piovani accompagnava questo film sulla speranza e profondamente antibellico che fruttò alla coppia di registi il Gran Premio della Giuria a Cannes, nonché i conseguenti David e Nastri d’Argento per la regia e sceneggiatura.
Membri della giuria al Festival di Venezia nel 1984, quello stesso anno i fratelli Taviani adatteranno quattro novelle di Luigi Pirandello in “Kaos” (1984), vincendo il David di Donatello e il Nastro d’Argento per la sceneggiatura, scritta a sei mani con Tonino Guerra.
Il Leone d’Oro alla carriera della Mostra del Cinema di Venezia nel 1986 li invogliò a continuare il loro percorso artistico con “Good Morning, Babilonia (1988)”, con Vincent Spano e Joaquin De Almeida, “Il sole anche di notte” (1990), “Fiorile” (1993) e “Le affinità elettive” (1996). Due anni più tardi, i fratelli Taviani realizzano “Tu ridi” (1998), film a episodi con Antonio Albanese e Sabrina Ferilli, successivamente seguito, nel 2001, dalle miniserie televisiva “Resurrezione”, con Stefania Rocca, e Luisa Sanfelice (2004) con Laetitia Casta e Adriano Giannini, mentre nel 2007 continuarono a parlare dell’uomo e della sua esistenza, fra violenza e innocenza ne “La masseria delle allodole” (2007) con Paz Vega, Angela Molina e Alessandro Preziosi, tratto dall’omonimo romanzo di Antonia Arslan.
Ancora attivissimi, nonostante l’età avanzata, Vittorio e Paolo hanno vinto l’Orso d’Oro a Berlino 2012 per “Cesare deve morire”. Il film racconta la preparazione e la messa in scena dell’opera di William Shakespeare da parte di alcuni detenuti nel carcere di Rebibbia. Ancora una volta i fratelli trionfarono nell’impegno sociale e nella qualità cinematografica, ottenendo anche il David di Donatello per il miglior film e il David di Donatello per il miglior regista.
Nel 2017 sono tornati al cinema, per l’ultima volta in coppia, con il film “Una questione privata”, tratto dal romanzo omonimo di Beppe Fenoglio, presentato in anteprima al Festival del Cinema di Roma. Dopo la morte del fratello Vittorio, Paolo ha scritto e diretto da solo “Leonora addio” (2022), ispirato da una novella di Luigi Pirandello. Il regista, prima di ammalarsi, stava lavorando a un nuovo film, “Il canto delle meduse” con Kasia Smutniak, come segnala il sito di Filmitalia. Il progetto, ambientato in uno dei periodi della storia recente più bui, intreccia quattro racconti legati alla traiettoria narrativa della pandemia del 2020. Tra le vicende raccontate spicca quella di Valeria, una donna che, prima di morire a causa del Covid-19, esprime alle sue amiche il forte desiderio di essere sepolta da sola, e non nella tomba di famiglia insieme al marito che odia da sempre.
Nel 1996 la città natale di San Miniato, in provincia di Pisa aveva intitolato ai due fratelli un centro di cultura cinematografica: il Centro Cinema Paolo e Vittorio Taviani.
“La Toscana piange la scomparsa del grande regista Paolo Taviani, figlio della nostra amata San Miniato e sempre legato con passione e talento alla Toscana” ha detto Eugenio Giani, il presidente della Regione Toscana. “Lascia un vuoto incolmabile non solo nel mondo del cinema, ma nel cuore di tutti noi che abbiamo condiviso con lui le origini, ma anche l’amore per questa terra, le sue tradizioni e la sua gente. Paolo, insieme a suo fratello Vittorio, ha dipinto il nostro paese con toni di autenticità e profonda umanità. La tua arte e il tuo spirito continueranno a guidarci, come faro di creatività e passione, che la terra ti sia lieve Paolo”.
(di Paolo Martini)