(Adnkronos) – ”La parità nel mercato del lavoro è ancora lontana dall’essere pienamente realizzata”. Nel corso degli ultimi dieci anni, la percentuale di donne lavoratrici rispetto al totale degli occupati, è passato dal 40,6% nel 2010 al 41,7% nel 2022. Anno in cui la retribuzione annua media delle donne è stata di 17.300 euro contro una media di 24.500 euro per gli uomini, una differenza di 7.200 euro, cioè quasi un terzo in meno (-29,4%). E’ quanto emerge dall’analisi dei divari di genere nel mercato del lavoro e nel sistema previdenziale attraverso i dati Inps. Le donne, secondo lo studio, continuano a trovare impiego in un range limitato di occupazioni rispetto ai loro colleghi uomini (segregazione occupazionale di tipo orizzontale).
Esse sono concentrate in alcuni comparti del settore dei servizi (nel 2022 il tasso di femminilizzazione è di circa il 79% nella sanità, 77% nell’istruzione, 53% negli alloggi/ristorazione) e sono invece sotto-rappresentate nel settore manifatturiero (30% circa ). Ciò si accompagna ad una scarsa presenza femminile nelle posizioni apicali e maggiormente remunerative.
Seppur la presenza delle donne nella platea di soggetti con qualifica dirigenziale è lentamente cresciuta nell’ultimo decennio, soprattutto nelle fasce d’età più giovani (che sono però minoritarie), il divario rimane macroscopico, con una percentuale di circa 1,2% per gli uomini e inferiore a 0,5% per le donne. Queste peculiarità del mercato del lavoro italiano si riflettono in maniera evidente anche sulle retribuzioni.
L’analisi dei dati relativi ai rapporti di lavoro subordinato nel settore privato extra-agricolo mostra una netta disparità salariale a sfavore delle donne lungo tutto l’arco temporale considerato. Tale differenza emerge sia quando si considera la retribuzione annuale (nel 2022 la retribuzione annua media delle donne è stata di 17.300 euro contro una media di 24.500 euro per gli uomini), sia quando si esamina la retribuzione giornaliera (in tal caso i valori per il 2022 sono rispettivamente 97 euro contro 106 euro).
Si nota, inoltre, che la variabilità delle retribuzioni maschili è più elevata di quelle femminili, suggerendo che le donne tendono ad essere concentrate in settori e aziende con minori opportunità di avanzamento di carriera e, di conseguenza, di miglioramento delle retribuzioni percepite. È evidente che il divario nelle retribuzioni è, almeno in parte, il frutto di differenze che si esplicano su diversi piani (individuale, contrattuale, settoriale, di impresa, ecc.).
Allo scopo di depurare dalle differenze retributive riscontrate l’effetto prodotto da questi elementi, sono state utilizzate delle tecniche econometriche che permettono di stimare il gap retributivo imputabile al genere a parità di altre condizioni individuali e di contesto. I risultati mostrano che il vantaggio retributivo maschile di circa il 40% si riduce quando si tiene conto di tali elementi, ma non si annulla, rimanendo comunque a un livello pari al 12-13%.