Aleksandr Litvinenko, ex agente del Kgb e poi dell’Fsb, con incarichi all’Unità per la sicurezza economica e la criminalità organizzata, all’anti terrorismo durante la prima guerra in Cecenia, e poi per un’unità segreta di prevenzione della criminalità con compiti ai confini della legalità, è morto il 23 novembre del 2006 a Londra dopo un’agonia di oltre tre settimane. Solo poche ore prima della morte, i medici che avevano cercato di curarlo riuscirono a individuare cosa lo stava avvelenando, il polonio 210, una sostanza rara le cui tracce sono state, negli anni successivi, ritrovate dagli inquirenti a Londra e all’estero.
Dopo essere fuggito dalla Russia nel 2000, Litvinenko aveva lavorato per l’MI6. Negli anni Novanta “Sacha” era entrato in rotta di collisione con l’allora nuovo direttore dell’Fsb Vladimir Putin per aver denunciato pubblicamente gli ordini per uccidere politici e imprenditori impartiti all’unità segreta dei servizi a cui faceva capo. Era stato arrestato e coinvolto in inchieste penali fino a quando era riuscito a lasciare il Paese. In Gran Bretagna avrebbe poi ricevuto asilo politico.
Nel 2015, la ‘public inquiry’ (che a differenza di una normale inchiesta consente la visione di materiale classificato in sessioni a porte chiuse) presieduta in Gran Bretagna dal giudice Sir Robert Owen per fare luce sui mandanti dell’assassinio, per cui erano già stati incriminati i due presunti esecutori materiali Andrei Lugovoi e Dmitry Kovtun, aveva stabilito la “forte probabilità” che i due operassero sotto la direzione dell’Fsb e che “l’operazione fosse stata probabilmente approvata da Nikolai Patrushev (allora direttore dell’Fsb) e anche dal presidente Putin”.
Alcune delle sezioni del rapporto di oltre 300 pagine, che può essere letto come una spy story, se non fosse una ricostruzione degli aspetti più oscuri del potere putiniano, sono state classificate. Il governo britannico era stato costretto ad avviare l’inchiesta pubblica, dopo un iniziale rifiuto contestato all’Alta corte dalla vedova di Litvinenko, Marina che con il cognome scelto al suo arrivo in Inghilterra, Carter, ha presentato il ricorso contro la Russia alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Le tracce del polonio erano state ritrovate all’interno di una teiera, sul tavolo del Pine Bar del Millennium Hotel di Londra in cui Litvinenko aveva incontrato Lugovoi e Kovtun il primo novembre del 2006. Tracce che hanno consentito agli inquirenti britannici di ricostruire i due diversi tentativi di uccidere Litvinenko, il primo, fallito per la dose non sufficiente di polonio usata, il 16 ottobre, il secondo due settimane dopo, il primo novembre. La scelta della sostanza, sottolineava il rapporto, “voleva essere di esempio”. L’autopsia condotta su Litvinenko è considerata uno degli esami più pericolosi della storia della medicina legale.
Nel 1998 Litvinenko, amico della giornalista Anna Politkovskaya, uccisa a Mosca nel 2006, aveva denunciato in una conferenza stampa a Mosca, di aver ricevuto, l’anno precedente, l’incarico dai superiori, di uccidere Boris Berezovsky, poi morto in circostanze non del tutto chiarite nel bagno della sua residenza fuori Londra nel 2013. Se l’ex oligarca Berezovsky, “una delle figure chiave dell’inchiesta”, amico di Litvinenko dal 1994, a cui aveva finanziato l’espatrio e il mantenimento a Londra per diversi anni, “fosse stato vivo al momento dell’inchiesta, sarebbe stato un testimone importante”.
A Londra, Litvinenko, che meno di un mese prima di essere avvelenato era stato naturalizzato cittadino britannico, aveva denunciato anche il coinvolgimento dell’Fsb nelle esplosioni dei condomini in tutta la Russia nel 1999 che portarono alla seconda guerra in Cecenia. E, ancora, all’inizio degli anni Novanta a Mosca, aveva indagato sui legami fra Putin e il clan malavitoso di Pietroburgo Tambov. I due russi incriminati in Gran Bretagna sono quindi Lugovoi, ex agente del Kgb e poi del Servizio di protezione federale, già deputato, quindi protetto dall’immunità, amico di Litvinenko negli anni novanta, Kovtun, ex Kgb, anche lui in Russia, a piede libero: la Russia che ha rifiutato la richiesta di estradizione di entrambi. In una conversazione del 2002 con il dissidente dei tempi sovietici che trovò rifugio a Londra Bukovsky, Litvinenko, che gli apparati russi consideravano un “traditore” al pari di Sergei Skripal, aveva raccontato di aver ricevuto una telefonata da un vecchio contatto dell’Fsb che gli aveva detto: “ti senti sicuro in Gran Bretagna? ma come, non ti ricordi di Trozky?”.
L’ultimo mistero, la dichiarazione di Putin alla notizia della sua morte era stata: “Chi lo ha fatto non è il Signore Onnipotente e Litvinenko non è sfortunatamente Lazzaro”. La vedova ha in seguito ritrovato un diario del marito, con la frase: “Quando Lazzaro si alza dal letto di morte, nessuno gli ha fatto domande. E’ necessario rispettare il silenzio dei morti”. Nessuno è ancora riuscito a capire cosa entrambi volessero dire.