(Adnkronos) – “L’origine” della malattia del cervo zombie “non è ancora stata completamente compresa”. A spiegarlo è Fabio Moda, ricercatore dell’Irccs Istituto neurologico Besta di Milano, esperto nel campo delle malattie da prioni umane e animali, che collabora con l’Istituto veterinario norvegese (Oslo) e con la University of Life Sciences norvegese proprio su questo tema. “Per quanto riguarda la trasmissione agli esseri umani, al momento non ci sono prove che suggeriscano una potenziale zoonosi”.
Il Besta è infatti in Italia uno dei pochi istituti che si occupa dello studio del deperimento cronico del cervo o Cwd, patologia neurologica degenerativa che colpisce i cervidi e che ha destato l’interesse dei media in questi giorni in seguito alla scoperta di malattia in 800 cervi e alci nel solo Stato del Wyoming, notizia ritenuta “un campanello d’allarme pubblico” negli Usa.
Al momento non ci sono evidenze che indichino che la patologia ha il potenziale per contagiare l’uomo. Perché dunque occuparsene? “Esiste la possibilità che tracce di prioni associati alla Cwd possano essere presenti nella carne, destinata al consumo umano, e che solo con le piattaforme di amplificazione attive all’Istituto Besta sia possibile rilevarle”, evidenzia Moda. Anche in Europa la malattia è nota e presente, sottolineano dall’Irccs: nel 2016 è stata diagnosticata per la prima volta in Europa in una renna norvegese e da allora i casi di Cwd sono stati identificati anche in renne, alci e cervi in Norvegia, Svezia e Finlandia. Al Besta il gruppo di lavoro guidato da Moda studia da tempo la patologia. Il ricercatore biotecnologo della Struttura complessa di Neurologia 5 e Neuropatologia diretta da Bianca Pollo è coinvolto in prima linea in vari progetti, finanziati in parte dal Norwegian Research Council, che mirano a utilizzare piattaforme analitiche altamente sensibili dell’istituto per lo studio della Cwd.
Insieme ai colleghi esperti di prioni Federico Cazzaniga e Giuseppe Bufano, il team si concentra sulla distribuzione del prione Cwd nei tessuti periferici dei cervidi e sulla possibile trasmissione della malattia ad altri animali, in particolare agli ovini che condividono le stesse aree frequentate dai cervidi malati. Moda collabora attivamente con Sylvie L. Benestad dell’Istituto veterinario norvegese (Oslo) e con Cecilie Ersdal e Michael Tranulis della University of Life Sciences norvegese, proprio per studiare queste patologie.
Il deperimento cronico del cervo è un’encefalopatia spongiforme trasmissibile causata dai prioni, proteine mal ripiegate in grado di alterare la forma di varianti normali della stessa proteina: il loro accumulo nel cervello causa una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. La patologia rende i cervidi “sbavanti, letargici ed emaciati, provocando uno ‘sguardo vuoto’ per il quale è appunto conosciuta con il nome di malattia del cervo zombie”, illustra il Besta.
Il Dna contenuto nella bava dell’animale potrebbe passare da un animale all’altro, e anche tra cervidi e ovini, tramite sangue o saliva. I prioni sono noti anche per essere responsabili di altre condizioni come l’encefalopatia spongiforme bovina, comunemente conosciuta come ‘morbo della mucca pazza’. Si capisce dunque l’importanza di fare studi in questo settore.
Una delle ricerche più importanti che Moda sta svolgendo con Benestad riguarda proprio l’identificazione di biomarcatori periferici (sangue e urina) che consentano di riconoscere gli animali malati, ma che ancora non mostrano segni clinici di malattia. Uno degli aspetti cruciali di questa ricerca riguarda la valutazione della potenziale trasmissione dei prioni Cwd all’uomo.