(Adnkronos) –
“Non consideriamo la possibilità di arrenderci o le condizioni per una resa, consideriamo solo garanzie per lasciare il territorio dell’acciaieria Azovstal: siamo pronti ad un’estrazione, magari verso un Paese terzo, ma con le nostre armi in pugno”. Lo afferma alla Cnn Sviatoslav Palamar, comandante del battaglione Azov, parlando dei suoi uomini asserragliati all’interno dell’Azovstal, insistendo però sulla necessità che vengano messi in salvo i civili che si trovano all’interno dell’enorme impianto siderurgico e che “verrebbero uccisi in un assalto dei russi”.
“Abbiamo chiesto l’evacuazione dei civili – ha detto – sin da marzo stiamo parlando con tutto il mondo per ottenere che politici internazionali o organizzazioni garantiscano una evacuazione sicura dei civili. Quindi se mi chiedete se siamo pronti a far andare via i civili, rispondo che non solo siamo pronti ma abbiamo chiesto che i civili vengano salvati prima di tutto”.
All’interno di Azovastal vi sono poi oltre 500 militari che vogliono garanzie che la loro vita venga salvata, continua Palamar: “Noi non vediamo nessuno scenario di resa – insiste – l’unica cosa che vediamo possibile è attraverso la garanzia di leader di Paesi terzi, possibilmente gli Stati Uniti, il Regno Unito, Israele o la Turchia, la garanzia che permetterebbe ad ogni soldato di uscire in sicurezza”.
Riguardo poi al piano del governo ucraino per evacuare i civili, Palamar spiega di sapere che un convoglio dovrebbe arrivare a Mariupol, ma non vuole dire di più per ragioni di sicurezza: “Contiamo sulla Croce Rossa e le organizzazioni che sono dirette qui per prendersi cura prima di tutto dei feriti gravi, perché hanno bisogno di essere curati, hanno bisogno di aiuto”.
Infine spiega che militari e civili sono in zone diverse all’interno della rete di bunker e cunicoli dell’acciaieria: “Ci sono sotterranei e bunker che non possiamo raggiungere perché sono sotto le macerie – aggiunge – non sappiamo se le persone che sono lì sono vive, ci sono persone intrappolate in posti che non possiamo raggiungere”.
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