Mourinho, dagli arbitri alla rosa: la comunicazione populista che piace ai tifosi

(Adnkronos) –
Josè Mourinho viene unanimemente definito un genio della comunicazione. Da sempre e da tutti, da chi lo adora e da chi lo odia. Usa le parole come armi per guadagnarsi consenso e per suscitare fastidio. Fa innamorare i suoi tifosi e fa imbestialire i suoi avversari. In mezzo, spesso, ci sono i suoi giocatori, che salvo poche eccezioni si identificano con lui, e la società che lo paga, che spesso non condivide le sue posizioni.  

Da quando è alla Roma ha interpretato il suo ruolo esaltando il romanismo, che ormai coincide con il Mourinismo, utilizzando un registro di comunicazione populista che è anche un codice collaudato, fatto di uno schema che si ripete: quando deve salire l’attenzione, quando il momento della stagione lo impone, cambiano i toni. Con obiettivi che ricorrono: i suoi giocatori e quelli che lo tradiscono, gli arbitri pericolosi, gli avversari fastidiosi.  

Oggi c’è l’arbitro di Sassuolo-Roma nel mirino. “Domani, con l’arbitro Marcenaro, Mancini prenderà un giallo dopo 10′ per un fallo su Berardi e non giocherà con la Fiorentina, ma andiamo avanti con forza”. Nella stessa frase c’è Berardi. “E’ un giocatore fantastico, lo amo, ma bisogna avere rispetto per gli avversari: è troppo quello che fa per prendere in giro gli altri, per far prendere i gialli. Lo amo e lo odio, quel profilo di comportamento in campo non mi piace, se fosse un mio giocatore non mi piacerebbe per niente”.  

Giovedì scorso, dopo il pareggio di Ginevra con il Servette, era toccato a una parte della sua rosa. Ha detto chiaramente che alcuni non sono all’altezza perché non danno quello che dovrebbero, ha detto che chi chiede di giocare, in quelle condizioni, giocherà solo quando gli altri saranno ‘morti’. Oggi torna lì, riportandosi dietro tutti. “Quando ci sono amore ed empatia è più facile tornare alla situazione normale. Ho detto quello che ho pensato e lo penso. Il rapporto è molto buono, stiamo insieme e insieme andiamo a Sassuolo a cercare di prendere un risultato in una gara che non è che mi fa paura, ma non mi sento a mio agio”. 

Altre parole che servono al suo obiettivo principale: tenere dalla sua parte una tifoseria che si identifica in lui e tirare fuori dalla sua squadra quello che serve ad andare oltre un gioco che ancora non c’è, oltre i limiti di una rosa che avrebbe voluto diversa, parlando a una società che non lo asseconda nella sua reiterata richiesta di protezione. Saranno i risultati, domani con il Sassuolo e fino alla fine della stagione, a dare un voto definitivo alla comunicazione di Mou. (Di Fabio Insenga)  

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