Orsini querela Romano: “Dimostri che sono pifferaio di Putin”

(Adnkronos) –
Alessandro Orsini querela il deputato dem Andrea Romano. “Mi sono rivolto a uno studio legale per querelare Andrea Romano, il deputato del Partito Democratico che mi sta diffamando”, scrive Orsini, professore di sociologia del terrorismo, su Facebook. Orsini da settimane, dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, è diventato un personaggio televisivo al centro del dibattito per le sue posizioni sul conflitto, da alcuni giudicate filo-russe. “Gli avvocati mi dicono che Andrea Romano come parlamentare gode della tutela garantitagli dall’art. 68 della Costituzione, che bloccherebbe il procedimento e renderebbe inutile la mia querela”, prosegue. “Solo se rinunciasse a questo privilegio, potrei chiedere ai giudici di accertare, come ha detto Romano e come dovrebbe dimostrare, se io sono davvero il pifferaio di Putin. Questa sera sarò a Carta Bianca Rai Tre. Gratuitamente”, afferma Orsini. 

“Forse Alessandro Orsini preferisce quei regimi politici, come la Russia di Putin, nei quali ai deputati non è permesso di esercitare il loro pieno mandato anche esprimendo giudizi politici di merito. O forse, per quanto bizzarro possa apparire, il professor Orsini non conosce l’articolo 68 della Costituzione Repubblicana, laddove si afferma che ‘i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni’. Un grave limite di ignoranza, che si somma alle gravissime falsità espresse da Orsini”, dice Romano rispondendo in aula alla Camera all’annuncio di querela.  

“Ma qui non siamo a Mosca, non siamo nella Duma di Putin. Siamo nel Parlamento della Repubblica Italiana. E i parlamentari della Repubblica Italiana, per quanto possa dispiacere ad Alessandro Orsini, sono liberi di esprimere qualsiasi opinione nell’esercizio del proprio mandato. E io confermo, nel pieno esercizio del mio mandato parlamentare, che le tesi espresse da Orsini sull’aggressione all’Ucraina sono quelle di un ‘pifferaio di Putin’. Ovvero di chi ripete per filo e per segno le argomentazioni con cui i civili ucraini vengono massacrati ogni giorno dalle forze armate russe”, aggiunge.  

“In queste settimane in Italia si è sviluppato un dibattito molto vivace sull’aggressione militare che il regime di Putin ha mosso contro la nazione ucraina. Un’aggressione violenta, sanguinosa, che ha già comportato un prezzo spaventoso in termini di vite umane”, prosegue. 

“In questo dibattito inevitabilmente vivace, come è normale in una grande democrazia com’è la democrazia italiana, vi è stato anche chi -aggiunge Romano- si è schierato con l’aggressore e non con l’aggredito. Vi è stato chi ha invitato gli ucraini ad arrendersi, vi è stato chi ha descritto l’aggressione di Putin come ragionevole e giustificata, vi è stato chi ha dato la colpa agli ucraini del massacro a cui sono ancora adesso sottoposti”.  

“Ma il punto non è questo. La cosa significativa è che tra coloro che hanno difeso Putin c’è qualcuno che voleva non solo affermarlo – come è ovviamente possibile fare, per quanto si tratti di un errore clamoroso – ma pretendeva persino di essere pagato da tutti gli italiani per farlo. Sto parlando di Alessandro Orsini, che puntava a ricevere un sostanzioso compenso dalla Rai, dal Servizio Pubblico Radiotelevisivo, per rilanciare le tesi di Putin e del regime putiniano”.  

“C’è stato chi ha ritenuto inaccettabile questa pretesa di Orsini: la pretesa non tanto di affermare tesi profondamente sbagliate e persino immorali, ma la pretesa di essere pagato dagli italiani che finanziano il Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Oggi Orsini ha annunciato una querela nei confronti del sottoscritto, per averlo definito “pifferaio di Putin” e avere affermato la non accettabilità di essere pagato da tutti gli italiani per farlo. Forse potremmo ricordare che “pifferaio” era una espressione usata da Elio Vittorini nei confronti di Palmiro Togliatti, nel secondo dopoguerra. Ma non sono sicuro che Orsini sia a conoscenza della discussione che si svolse nel secondo dopoguerra intorno alla rivista Il Politecnico”, conclude. 

 

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