(Adnkronos) – “Chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza”. Lo sottolinea il Papa parlando agli Incontri del Mediterraneo a Marsiglia alla presenza del presidente francese Emmanuel Macron che lo ha accolto al suo arrivo al Palais du pharo accompagnandolo sotto braccio.
“Il porto di Marsiglia è da secoli una porta spalancata sul mare, sulla Francia e sull’Europa. Da qui molti sono partiti per trovare lavoro e futuro all’estero, e da qui tanti hanno varcato la porta del continente con bagagli carichi di speranza. Marsiglia ha un grande porto ed è una grande porta, che non può essere chiusa. Vari porti mediterranei, invece, si sono chiusi. E due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: “invasione” ed “emergenza”. – dice il Pontefice eloquentemente- Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza”.
“Quanto all’emergenza – ha scandito Bergoglio – il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà”.
“Il mare nostrum – dice Francesco – grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà. Anche qui il Mediterraneo rispecchia il mondo, con il Sud che si volge al Nord, con tanti Paesi in via di sviluppo, afflitti da instabilità, regimi, guerre e desertificazione, che guardano a quelli benestanti, in un mondo globalizzato nel quale tutti siamo connessi ma i divari non sono mai stati così profondi”. Eppure, osserva ricordando gli interventi dei predecessori, “ questa situazione non è una novità degli ultimi anni, e non è questo Papa venuto dall’altra parte del mondo il primo ad avvertirla con urgenza e preoccupazione. La Chiesa ne parla con toni accorati da più di cinquant’anni”.
“Sono sotto gli occhi di tutti – ammette il Pontefice – le difficoltà nell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare persone non attese, però il criterio principale non può essere il mantenimento del proprio benessere, bensì la salvaguardia della dignità umana. Coloro che si rifugiano da noi – sottolinea Bergoglio – non vanno visti come un peso da portare: se li consideriamo fratelli, ci appariranno soprattutto come doni”, dice il Papa ricordando che domani si celebrerà la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Da qui il monito: “Lasciamoci toccare dalla storia di tanti nostri fratelli e sorelle in difficoltà, che hanno il diritto sia di emigrare sia di non emigrare, e non chiudiamoci nell’indifferenza. La storia ci interpella a un sussulto di coscienza per prevenire un naufragio di civiltà. Il futuro, infatti, non sarà nella chiusura, che è un ritorno al passato, un’inversione di marcia nel cammino della storia”.
“Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere – ammonisce il Papa – ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine. Dire ‘basta’, invece – scandisce – è chiudere gli occhi; tentare ora di “salvare sé stessi” si tramuterà in tragedia domani, quando le future generazioni ci ringrazieranno se avremo saputo creare le condizioni per un’imprescindibile integrazione, mentre ci incolperanno se avremo favorito soltanto sterili assimilazioni. L’integrazione è faticosa, – riconosce – ma lungimirante: prepara il futuro che, volenti o nolenti, sarà insieme o non sarà; l’assimilazione, che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi, fa invece prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze”.
“Abbiamo bisogno di fraternità come del pane. – dice il Pontefice- La stessa parola ‘fratello’, nella sua derivazione indoeuropea, rivela una radice legata alla nutrizione e al sostentamento. Sosterremo noi stessi solo nutrendo di speranza i più deboli, accogliendoli come fratelli”, conclude.