Pg Caltanissetta: “Porta con se tutti i misteri”

(Adnkronos) – “Dopo l’arresto si sperava che Matteo Messina Denaro potesse parlare e chiarire molti fatti ancora avvolti dal mistero. Sulle stragi mafiose, soprattutto quelle dei primi anni Novanta, ma alle fine ha prevalso la sua mentalità, che aldilà di certe apparenze per così dire, “moderniste”, era quella del mafioso vecchio stampo. Quindi, alla fine è morto portando con sé questi misteri”. A parlare con la Adnkronos è il Procuratore Generale facente funzione di Caltanissetta Antonino Patti, che ha rappresentato l’accusa nel processo d’appello per le stragi mafiose che si è concluso di recente con la conferma dell’ergastolo per il boss mafioso morto la notte scorsa.  

“Si era capito abbastanza presto, dopo la sua cattura, che si trattava di un boss la cui mentalità di fondo non era, nella sostanza, molto differente da chi lo aveva preceduto nella guida di cosa nostra – aggiunge il Procuratore generale – Ritengo che neanche nella sua coscienza Messina Denaro avesse mai iniziato un percorso di rimeditazione critica della sua vita criminale”.  

Secondo il magistrato, Messina Denaro “continuava a covare astio ed una forma quasi paradossale di vittimismo nei confronti delle Istituzioni”. “A me pare che nonostante il boss, in linea con la sua natura narcisista, tenesse a far sapere all’esterno che era istruito e aveva letto tanti libri, cionondimeno le sue qualità culturali e critiche rimanevano di basso livello, in linea con quelle etiche”, ha spiegato Antonino Patti. 

Nel corso della requisitoria al processo d’appello, il PG Antonino Patti aveva definito Matteo Messina Denaro, che non si era mai voluto collegare in video conferenza, dal carcere dell’Aquila, “un protagonista assoluto delle stragi siciliane e di quelle del Continente”.  

E dopo la sentenza che confermava l’ergastolo, il magistrato spiegò all’Adnkronos: “Questa è una sentenza che armonizza totalmente con gli scenari già ritenute da tutte le precedente sentenze sulla stagione stragista, compresa la sentenza di Firenze”. 

(Adnkronos)