(Adnkronos) – “Siamo qui per stabilire che non vogliamo andare in pensione e che a 73 anni suonati io mi permetto ancora qualche passetto di danza e di non farmi mancare il fiato dopo aver fatto tre pezzi di seguito, di quelli che non ti fanno respirare. Ed è innanzitutto una sfida per dimostrare a me stesso se mi merito ancora il centro del palco”. Renato Zero riabbraccia il suo pubblico con ‘Autoritratto’, una serie di concerti-evento che hanno preso il via ieri sera da Firenze, con sei date al Nelson Mandela Forum fino al 10 marzo, e poi nella sua Roma, con otto serate dal 13 al 24 marzo al Palazzetto dello Sport.
E con l’apertura del nuovo tour, che prende il titolo dall’omonimo album uscito a dicembre per Tattica e subito balzato ai vertici delle classifiche Fimi/Gfk, il cantautore romano ha annunciato due mega show: il 14 giugno all’Arena della Vittoria a Bari e il 21 giugno per la prima volta in piazza del Plebiscito a Napoli.
“Io il mio pubblico lo riconosco malgrado gli anni e le rughe”, ha confidato Zero. Immancabile la richiesta di un commento sul quasi coetaneo Claudio Baglioni che poche settimane fa ha annunciato che si ritirerà dalle scene entro il 2026. “Se credo che manterrà la promessa? Se uno lancia una moneta in aria, deve essere testa o croce, non c’è una terza possibilità – ha commentato Renato Zero – La cosa più elegante, per me, sarebbe quella di scendere dal palco un 24 febbraio del 2027 o del 2028 per salutare tutti in platea… e poi Renatino non c’è più. Così lasci una bella fotografia. Questa favola deve avere un finale soave, felice e io non dirò quando me ne andrò”.
Quanto a tornare a fare di nuovo un tour negli stadi, il Renato nazionale ha ironizzato: “Se devo fare un bel saluto potrei scegliere lo stadio Olimpico ma non è detto che sarà così”.
Al centro della scaletta i tredici brani di “Autoritratto”, da “Quel bellissimo niente”, cartolina d’amore per la sua Roma, fino a “Eccoci qui”, un inno di speranza con un augurio di stretta attualità: “La pace brillerà / Vedrai”; a completare la playlist i successi che hanno segnato la sua carriera ultracinquantennale. A Zero piace parlare del nuovo tour come di “uno spettacolo più minimale di altri: non perché io offra di meno questa volta, ma perché la sintesi fa parte del percorso della maturazione di un artista. Le maschere del passato, ad esempio, non ci sono più: ora conta più l’orecchio dell’occhio, più la musica che i costumi”.
L’artista di tanti successi – da “I migliori anni della nostra vita”, “Il cielo”, “La favola mia” fino a “Cercami” e “Spiagge” (tornato cult grazie alla presenza nel film “Enea” di Pietro Castellitto) – si dice orgoglioso dei suoi tanti fan che lo seguono come folle osannanti: “Io al pubblico devo dare quello che il pubblico si attende da me. Io dico: ‘questo mestiere se ami la gente fallo, se non ami la gente anche no’, perché alla fine la gente si rende conto del bluff, si rende conto se è stata usata. Io sono ancora presente e mi permetto ancora di fare il tutto esaurito”.
Renato Zero parla di “Autoritratto” come del “tagliando che ciascuno di noi è tenuto a fare una tantum: io mi porto sul palco un bagaglio che si fa sempre innovativo; porto in scena sempre delle realtà che calzano bene con l’oggi. Credo che in questi ultimi tempi l’orecchio sia un po’ in deficit perché sentiamo una musica talmente omologata che quando senti un brano sembra che li ha sentiti tutti. I miei costumi hanno talmente occupato uno spazio epocale forte che oggi esigo una certa novità nei miei confronti: faccio a meno delle piume e delle paillettes, che forse in passato hanno aiutato a vendere qualche biglietto e disco in più. Ma solo con piume e paillettes non sarei andato avanti”.
Renato Zero parla più volte dei ragazzi di oggi, invoca per loro fiducia e speranza. “In fondo io penso che i nostri giovani vogliono essere colti, vogliono impossessarsi della cultura, vogliono avere la possibilità di smentire questo stato comatoso dell’ignoranza che in questo paese imperversa – dichiara – E’ come se qualcuno non ci volesse colti per una serie di motivi, uno fra tutti che la gente scema fa quello che cazzo ti pare perché non capisce nulla. Quando uno arriva all’età mia se tu mi vuoi vendere un aspirapolvere che non succhia, io te lo compro pure, per prenderti per il culo però. Allora a vent’anni non mi devi vendere il bluff e non mi devi mandare questi signori a dire ‘il libro chiudilo e fai pippa'”.
Il cantautore invita ancora una volta il suo pubblico a scendere in piazza e a non rimanere tra le quattro mura a piangersi addosso. “La gente deve poter mettere il naso fuori di casa e avere la piazza che è il tabernacolo, il confessionale di un paese, di un popolo – spiega – La piazza è del popolo, e l’ho sempre detto, e questo deve tornare ad essere. Siamo scesi in piazza in tempi non sospetti per cose ben più leggere di queste. Allora non capisco perché oggi non si possa pretendere di poter utilizzare questi spazi che si chiamano ‘Piazza del Popolo’, ‘Piazza Risorgimento’… son tuti nomi che urlano, che gridano, che vogliono soddisfazione, che vogliono vedere la gente insieme, vogliono vedere il ricco con il povero, il democristiano con il rosso…”
Zero non si tira indietro neppure dall’attualità, accenna ai giovanissimi che scendono in strada a manifestare per lo stop alla guerra nella Striscia di Gaza e si sono presi anche le manganellate delle forze dell’ordine. “La piazza aspetta i ragazzi, Renato è con voi. E se mi gira, ci vado pure io in piazza – ha detto il cantautore – Nel senso che io non sto sull’Himalaya e dico: ‘Ehi belli, come state laggiù? Sentite freddo?’ Ma poi nella musica, nelle mie esternazioni io sono stato tante volte in piazza, con ‘Rivoluzione’, ‘Bella libertà’ e tanti altri brani: ci sono delle pagine mie che manifestano proprio la mia volontà di non tacere, di essere sempre attivo nella determinazione di voler cambiare le cose. Perchè se, poi, uno non ci sta fisicamente dietro a questa roba, non si cambia la vita, la società e il mondo per delega. Non si può dire: ‘Senti, vacci te oggi perchè io ho da fare’. No, devi andare lì, devi portare il tuo visino acqua e sapone in piazza e devi farti riconoscere e non con le bandane come si faceva una volta, perché nessuno voleva essere riconosciuto: ‘Io la rivoluzione la faccio però non mi espongo più di tanto’. E invece, no, bisogna andare a viso scoperto perché la gente deve sapere chi sei e il motivo perché sta lì, lo deve leggere nei tuoi occhi, nella tua presenza in quel momento. Quindi la piazza deve essere riabilitata, torniamo in piazza tutti”.
Renato Zero non fa i nomi dei nuovi talenti della scena musicale che apprezza ma quando gli viene chiesto di Sangiovanni – che ha detto di volersi prendere una pausa perché non ha più le energie fisiche e mentali per portare avanti la sua musica – risponde con un filo di emozione: “E’ stato spiazzante, ha avuto il coraggio di togliersi dal banchetto, di prendersi i suoi tempi. E’ una decisione che fa onore alla persona, all’artista e a un giovane. Anche da giovani si può avere il talento di valutare la propria professionalità”.
Buona parte della conferenza stampa è stata dedicata al pubblico fiorentino, che per primo lo applaudì nel 1973: “Presentavo al Palazzo dei Congressi ‘No! Mamma, no!’ ed ebbi 70 mila prenotazioni in una serata organizzata dalla Rca. Poi subentrò uno sciopero dei metalmeccanici che durò un anno e i dischi non partirono. Ma fu un debutto meraviglioso. E in tutti questi anni Firenze è rimasta, dopo Roma, la mia seconda città. A Firenze ci sono stati gli albori della mia carriera e grazie alla Toscana ho avuto l’opportunità di estendere il mio messaggio musicale al paese e da allora di allevare i miei amati sorcini. I fiorentini mi hanno aperto subito la porta. In Toscana c’è un popolo coraggioso. A distanza di più di oltre 50 anni, tornare di nuovo a Firenze per me è un altro battesimo”.
Nelle parole di Renato Zero su Firenze c’è anche posto per un pensiero sulla recente tragedia che ha segnato la città, quando a metà febbraio un crollo nel cantiere di via Mariti, dove si costruiva un supermercato, ha provocato cinque morti e tre feriti gravi. “Queste disgrazie sul lavoro – ha detto con una certa commozione – credo che abbiano proprio un sapore amaro per il fatto che basterebbe prendere delle misure, basterebbe periodicamente fare i controlli necessari e la gente tornerebbe a casa dalla famiglia invece che lasciare il mondo. Questo vale per tutta l’Italia perché purtroppo queste sciagure ormai le sentiamo tutti i minuti, da sud al nord e non si scappa”.
Renato Zero, che ha ideato, scritto e diretto lo spettacolo, è affiancato on stage da una superband composta da 11 musicisti (Danilo Madonia – direzione musicale, tastiere e pianoforte; Lorenzo Poli – basso; Lele Melotti – batteria; Bruno Giordana – tastiere e sax; Rosario Jermano – percussioni; Giorgio Cocilovo – chitarre; Fabrizio Leo – chitarre; Stefano Bergamaschi – tromba; Emanuele Feliciani – tromba; Elisabetta Mattei – trombone; Fabio Tullio – sax), un coro a 10 voci e dall’orchestra Piemme Project coordinata dal primo violino Prisca Amori; gli arrangiamenti sono a cura del maestro Alterisio Paoletti e del maestro Adriano Pennino. A sublimare le performance del cantautore la scenografia a cura di Igor Ronchese e Gigi Maresca, il light design di Francesco De Cave e i coinvolgenti visual affidati alla direzione di Younuts! (Antonio Usbergo e Niccolò Celaia), a legare spettacolo e racconto con un impatto fortissimo sulla messa in scena. (di Paolo Martini)