Continua il braccio di ferro per il ritorno della scuola in presenza. In vista di lunedì, data in cui si ritorna sui banchi dopo le festività natalizie, si moltiplicano gli appelli per la didattica a distanza o per un rinvio della ripresa in presenza sia dalle Regioni che dai presidi che pongono anche un problema di privacy relativo allo stato vaccinale degli studenti.
Il governo, però, non intende fare marcia indietro. “Abbiamo affermato il principio importante di avere una scuola in presenza, ma abbiamo regolato anche la possibilità, per casi specifici e mirati, di un uso della didattica a distanza, per un tempo limitato” ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi a SkyTg24. “Non solo abbiamo confermato il principio base della scuola in presenza, ma abbiamo regolato una situazione che poteva essere fuori controllo, quello di un uso diffuso e senza regole della formazione a distanza”.
Il decreto approvato lo scorso 5 gennaio è stato “un provvedimento equilibrato e ispirato al buon senso”, ha sottolineato. “Il contagio non è avvenuto nelle scuole, l’aumento dei casi si è registrato quando la scuola era chiusa. Insistere sulla presenza è una misura sanitaria importante che permette ai ragazzi di essere in una situazione controllata”, ha spiegato.
Posticipato il rientro a scuola in Sicilia. “Il calendario scolastico dipende dalle Regioni – dice il ministro Bianchi -, la Sicilia lo aveva programmato, tenendo fuori alcuni giorni da potere spendere quando riteneva, ed è quello che è stato fatto”. Diversa, invece, la posizione in merito all’ordinanza con cui il governatore campano De Luca ha disposto la sospensione dell’attività didattica in presenza fino al 29 gennaio per le scuole dell’infanzia, elementari e medie. Il ministro Bianchi definisce il provvedimento “in contrasto con le norme vigenti” per cui si dice pronto a impugnarlo.
Quanto all’appello di riaprire la scuola con due settimane di didattica a distanza, avanzato da oltre 2mila dirigenti scolastici, ha chiarito: “Abbiamo ascoltato il parere di tutti i presidi, abbiamo letto le ragioni di quelli che hanno firmato l’atto ma anche di quelli, che sono maggioritari, che non lo hanno firmato. Ma come facciamo sempre ascoltiamo tutti ma poi ci assumiamo le nostre responsabilità”. “Con i presidi c’è un dialogo continuo” aggiunge.
“Le Regioni hanno, invano, richiesto un posticipo della riapertura per avere il tempo di completare le vaccinazioni degli studenti e in particolare quelle dei più piccoli, ma il governo sul punto è stato irremovibile” scrive su Facebook il governatore pugliese, Michele Emiliano. “Il governo italiano, nonostante i rischi epidemiologici legati all’ancora basso livello vaccinale dei bambini da 5 a 11 anni, ha deciso di far riprendere le lezioni in presenza da lunedì 10 gennaio. Le vostre preoccupazioni sulla riapertura della scuola sono anche le mie e quelle dei presidenti delle Regioni italiane”.
“Non posso intervenire con un’ordinanza regionale – aggiunge – perché lo scorso 6 agosto è stato emanato il Decreto legge 111, (poi convertito in Legge con modificazioni) che consente ai Presidenti delle Regioni di derogare alle disposizioni nazionali solo quando una regione si trova in ‘zona rossa’. La Puglia in questo momento – prosegue Emiliano – si trova in ‘zona bianca’, ha un tasso di incidenza dei contagi e delle ospedalizzazioni inferiore alla media nazionale e percentuali di vaccinazione sopra la media. Quindi non ci sono i presupposti giuridici”.
“Quello che sicuramente possiamo fare è spingere al massimo sulle vaccinazioni. La Puglia – sottolinea Emiliano – è di gran lunga la prima regione italiana ad aver protetto i bambini con la migliore copertura vaccinale, come vedete dal grafico allegato, ma ciononostante abbiamo raggiunto al momento solo il 25,2% del target. Per quanto riguarda i pugliesi di 12-19 anni: l’83% ha ricevuto almeno una dose, il 76%, due dosi (+5,3 punti della media nazionale), l’8% ha già il richiamo. Siamo anche tra le Regioni che più hanno vaccinato docenti e personale scolastico. Il lavoro va avanti, cercando sempre di fare meglio”.
Il governo Musumeci rinvierà la riapertura delle scuole di tre giorni in Sicilia per consentire una verifica di tutti gli aspetti organizzativi. E’ l’esito della riunione della task force regionale sul rientro in classe degli studenti nell’isola, sino a oggi previsto per il prossimo 10 gennaio. Un avvio che, di fronte all’impennata di contagi legata alla variante Omicron, ha suscitato la presa di posizione di sindaci, presidi, professori, sindacati e studenti, preoccupati che un ritorno in classe a fronte di “un sistema di tracciamento saltato” e di un picco di contagi potesse tradursi in un’ulteriore impennata dei casi. A chiedere il rinvio del ritorno in classe e l’avvio della Dad per “tutelare la salute” ieri erano stati 200 sindaci.
La riunione, che si è svolta in modalità telematica, era stata convocata dal governo regionale proprio per trovare una mediazione. Presenti gli assessori alla Salute e all’Istruzione, Ruggero Razza e Roberto Lagalla. Al momento, quindi, i cancelli degli istituti siciliani resteranno chiusi per altri tre giorni. La task force tornerà a riunirsi mercoledì prossimo.
Con un’ordinanza il governatore De Luca ha disposto la sospensione dell’attività didattica in presenza fino al 29 gennaio per le scuole dell’infanzia, elementari e medie. “Siamo nella condizione di procedere impugnando l’atto” ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, intervistato da Sky Tg 24. “Il presidente della Regione Campania De Luca ha avanzato un’ordinanza che bloccava l’attività in presenza per due settimane. Un atto essenzialmente legato alle difficoltà di carattere sanitario della Regione, ma che è in esplicito contrasto con la norma, vigente dall’agosto scorso, che vieta a presidenti di Regioni e sindaci interventi generalizzati sul territorio, e li permette solo in zone rosse e per casi mirati”.
Intanto un ricorso è stato presentato al Tar Campania, da alcuni genitori, difesi dagli avvocati Giacomo Profeta e Luca Rubinacci, per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dell’ordinanza firmata ieri dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca nella parte che dispone la sospensione dell’attività didattica in presenza fino al 29 gennaio per le scuole dell’infanzia, elementari e medie.
Il presidente della quinta sezione del Tar Campania, Maria Abbruzzese, ha emesso un decreto con il quale dispone che la Regione Campania esibisca entro le ore 10 di lunedì 10 gennaio “gli atti pertinenti e rilevanti a presupposto dell’ordinanza impugnata” in quanto, si legge nel provvedimento, “l’ordinanza motiva l’esigenza della disposta sospensione facendo diffuso riferimento a dati, report e acquisizioni istruttorie non disponibili agli atti del giudizio che è opportuno, in ragione della rilevanza della questione, che vengano portati all’attenzione del giudicante fin dalla fase cautelare”.
Il giudice ritiene inoltre “che la Regione Campania debba anche giustificare l’adozione dell’ordinanza impugnata in sostanziale concomitanza con l’entrata in vigore del dl 5 gennaio 2022 che individua, per quanto rileva, specifiche modalità di erogazione dei servizi scolastici ed educativi e regolamenta anche gli adempimenti successivi all’eventuale accertamento di casi di positività in costanza di emergenza pandemica”.
“La via maestra dovrebbe essere quella della comunicazione fra Asl e scuole” dice all’Adnkronos il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli che interviene sull’ultima nota del ministero dell’Istruzione sulla gestione dei casi positivi nelle classi per cui sono i ragazzi a dover autodichiarare il proprio stato vaccinale. “Dovrebbe esserci un dialogo tra le istituzioni. Trovo improprio e inaccettabile che il preside debba chiedere a singoli ragazzi spesso minorenni lo stato vaccinale”. “La cosa corretta è chiedere i dati alle Asl attraverso i referenti Covid. Il codice privacy è stato modificato circa un mese fa. Adesso una istituzione pubblica è autorizzata a trattare dati particolari, prima chiamati sensibili, se ne ha bisogno per svolgere i propri compiti. La scuola ha una grande varietà di situazioni non facilmente omologabili di cui si deve tenere conto. I ragazzi non possono essere messi in imbarazzo”.
Preoccupazione è stata espressa anche dalla presidente dell’Associazione nazionale presidi per il Lazio Cristina Costarelli. “Siamo preoccupati dai dati. Lunedì prossimo” nelle scuole di Roma e “nel Lazio”, dice all’Adnkronos, avremo “circa 17.500 studenti assenti perché positivi al Covid. Il trend di contagi che abbiamo riscontrato è tale che entro pochi giorni dal rientro metà delle classi saranno in quarantena”. “E’ un quadro aggravato dall’assenza di almeno 10mila docenti. Tra chi non ha adempiuto agli obblighi vaccinali, chi è stato sospeso, chi è in quarantena e le assenze consuete prevediamo almeno 15 insegnanti assenti per scuola, su un totale di circa 700 istituti scolastici nella Regione”.
Costarelli interviene anche sulla nuova circolare del Ministero dell’Istruzione per la gestione dei positivi: “Faremo ciò che ci viene detto di fare. Ma sia chiaro: per la scuola è un onere aggiuntivo dovere trattare questa tipologia di dati, finora gestiti dalle Asl. Inoltre il trattamento crea disparità, introdurre una differenziazione fra alunni comunque non ci vede d’accordo. La richiesta di autodichiarazione ai ragazzi di scelte che volevano restare personali è pesante e sul fronte scuole sono grandi le ricadute amministrative e le altre incombenze che dovranno essere attivate. Metteremo in atto la norma, ma a malincuore”.
Posticipare l’apertura delle scuole, recuperando poi a giugno. E’ la proposta che il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, lancia per cercare di contenere l’aumento dei contagi e dei ricoveri che sta mettendo a dura prova il Servizio sanitario nazionale. “C’è, tra i colleghi, una forte preoccupazione per il picco atteso verso la metà del mese”, spiega Anelli.
“Le misure messe in atto dal governo sono importanti – continua – ma potrebbero non essere sufficienti per arginare il diffondersi dell’epidemia. I due anni trascorsi ci hanno insegnato che una misura davvero efficace è quella di limitare, in vista del picco, i contatti tra le persone. La riapertura delle scuole, in un momento in cui gli studenti hanno appena iniziato a vaccinarsi o a fare i richiami, a seconda delle fasce d’età, ci preoccupa, così come preoccupa i presidi. Per questo chiediamo uno stop di 15 giorni, da recuperare poi a giugno, quando dovremmo essere fuori dall’emergenza”.