(Adnkronos) – “La sicurezza del Donbass non è un cambio di programma ma quello che Putin ha detto fin dall’inizio, ovvero avviare in Ucraina una ‘operazione militare speciale’ con l’obiettivo di mettere in sicurezza le due repubbliche di Luhansk e Donetsk. Quindi, Putin sta mantenendo fede alla sua intenzione iniziale. Un obiettivo cui la Nato, comunque, non ha mai creduto, perché abbiamo visto anche altre operazioni in Ucraina: verso Kiev, quelle che dalla Crimea si sono spostate verso Odessa, fermandosi a Mykolaiv, e la forte pressione su Mariupol, che se non è caduta poco ci manca. La città sul Mare d’Azov rientra senza ombra di dubbio nell’obiettivo Donbass, per questo deve essere controllata”. Lo dice all’Adnkronos il generale Marco Bertolini, l’ex comandante del Coi (Comando Operativo di Vertice Interforze), facendo una analisi delle manovre russe in riferimento all’intenzione di Mosca di puntare alla “completa liberazione del Donbass” e sulle voci della fine della guerra per il 9 maggio.
“Le operazioni verso Kiev e Odessa, invece, non hanno mai affondato profondamente: il centro della Capitale non è stato mai interessato dai combattimenti, le forze russe si sono limitate a grattugiare la periferia senza entrare nel centro – spiega Bertolini – Questo non per paura della resistenza ma perché l’interesse è di tenere lì una forte presenza ucraina in modo tale da non rinforzare l’area del Donbass. Tutte operazioni che per i russi stanno andando bene, visto che hanno ottenuto il controllo di Izyum, a sud di Kharkiv, e da questa posizione sono in grado di chiudere alle spalle gli ucraini che stanno fronteggiando le unità delle due repubbliche del Donbass insieme a quelle russe di supporto”.
Bertolini crede alla volontà e all’interesse di Putin di arrivare ad un negoziato che consenta la fine dei combattimenti, raggiunti gli obiettivi che aveva dichiarato all’inizio dell’operazione, ma ritiene la data simbolo del 9 maggio alla quale avrebbe fatto riferimento Mosca solo come un auspicio simbolicamente significativo, ma nulla più: “In ogni caso, questo dimostrerebbe che l’attività negoziale sta andando avanti, nonostante che sia stata messa in ombra dal giro di interventi di Zelensky ai parlamenti europei e dalla riunione con Biden a Bruxelles – specifica – E se sta andando avanti dobbiamo esserne grati a paesi come la Turchia, che sono riusciti a mantenere una posizione terza”.
“Entrambe le parti – prosegue Bertolini – sanno benissimo che al di fuori dei negoziati non c’è una possibilità di concludere le operazioni. Negoziati in cui sia Russia che Ucraina potrebbero vantare davanti all’opinione pubblica di aver vinto qualcosa: Putin potrebbe dire di aver vinto l’indipendenza del Donbass, la sovranità russa sulla Crimea e che l’Ucraina non entri nella Nato. Dal canto suo, Zelensky potrebbe dire di aver vinto una grande battaglia politica dimostrando a tutto il mondo il coraggio del suo popolo, di aver mantenuto l’indipendenza pur rinunciando alla Nato e a qualche porzione di territorio. In condizioni normali (che vuol dire non avere chi dall’esterno soffia sul fuoco), entrambe le parti potrebbero così ritenersi soddisfatte e chiudere. Ma, purtroppo, non sono in gioco solo loro”.