L’incubazione della variante Omicron dura circa 3 giorni. E’ il risultato di un nuovo studio che definisce il quadro relativo alla nuova variante, già accostata a sintomi covid più lievi rispetto alla variante Delta.
E’ il 2 dicembre quando il Nebraska Public Health Laboratory identifica la variante Omicron di Sars-CoV-2 nei campioni di 6 persone di età comprese tra 11 e 48 anni. Un’intera famiglia contagiata dal virus, che diventa protagonista di uno studio, pubblicato dai Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) statunitensi, che suggerisce un periodo di incubazione più breve per Omicron rispetto alle varianti precedenti: circa 72 ore, 73 per l’esattezza quelle trascorse tra la prima possibile esposizione del caso 1 – un uomo di 48 anni non vaccinato, rientrato da una conferenza in Nigeria – al paziente indice e l’insorgenza dei sintomi.
Potrebbero dunque essere necessari solo tre giorni prima che le persone mostrino i segni dell’infezione, diventino contagiose e risultino positive, secondo quanto emerge dal periodo di incubazione mediano osservato in questo cluster. Considerando che il periodo di incubazione mediano di Sars-CoV-2 originario è stato descritto come uguale o superiore a 5 giorni e risulta più vicino a 4 giorni per la variante Delta, i tempi di Omicron potrebbero essere accelerati.
L’indagine condotta dagli autori del lavoro scientifico in questione ha incluso tra l’altro un paziente che si è reinfettato anche dopo vaccinazione completa, 4 pazienti che si sono reinfettati e uno al primo contagio.
L’osservazione del cluster da un lato indica l’incubazione abbreviata e una sindrome clinica simile o più lieve rispetto a quella associata a prevedenti varianti (descritte anche in casi di contagio di vaccinati e guariti), ma dall’altro aggiunge evidenze a quelle che già indicano un aumento del potenziale di reinfezione che caratterizza il nuovo mutante. Le cinque reinfezioni, inclusa quella dopo la vaccinazione completa, potrebbero essere spiegate “dalla diminuzione dell’immunità, dal potenziale di evasione immunitaria parziale da parte di Omicron o da entrambi questi fattori”, spiegano gli esperti precisando che “saranno necessari più dati per comprendere appieno l’epidemiologia della variante Omicron”.