Scuola, gli studenti del liceo Righi occupato: “Basta, mostreremo di cosa abbiamo bisogno”

“Noi studenti e studentesse del liceo Righi vogliamo porre fine agli interminabili ‘siamo tutti nella stessa barca’ e ‘vi capiamo’. Mostreremo a tutti di cosa ha bisogno la scuola dopo anni di mobilitazioni, dopo aver manifestato innumerevoli volte sotto al Ministero dell’istruzione e aver percorso in lungo e in largo le strade di Roma”, lo scrivono gli allievi del liceo Righi, occupato da ieri sera, “a seguito di una votazione in cui è stata raggiunta la maggioranza dei consensi, insieme a 200 studenti e studentesse del liceo Righi, abbiamo deciso di occupare il nostro istituto”.  

La rivalsa dei ragazzi parte dai programmi scolastici: “poco al passo con i tempi, ciò che impariamo a scuola non ci prepara adeguatamente alla vita dopo il liceo. Per questo proponiamo il potenziamento delle materie Informatica ed Educazione Civica. Ci stiamo muovendo in questa direzione tramite il progetto “Ri-Generazione Civica” che punta ad istituire un ciclo di conferenze tenute da ragazzi universitari all’interno di Licei ed Istituti. Chiediamo inoltre l’introduzione di Educazione Ambientale ed Educazione Sessuale e all’Affettività come materie obbligatorie. Riscontriamo anche particolari criticità che riguardano il programma di Storia che ad oggi non include gli avvenimenti degli ultimi settant’anni, fondamentali per la comprensione della realtà attuale”, si legge.  

Poi c’è il tema edilizia scolastica: “In Italia ci sono 40mila edifici scolastici, il 70% dei quali costruito nella prima metà del Novecento. La loro gestione – a seconda che si tratti di scuole elementari, medie e superiori – spetta ai singoli comuni e alle province. Il 38,8% degli istituti nazionali necessita di interventi urgenti di manutenzione straordinaria per adeguamento alle norme e per l’eliminazione dei rischi. Questa necessità riguarda il Nord per il 28,8%, il Centro per il 41,9%, il Sud per il 44,8% e le isole per il 70,9%. La mancanza di spazi comporta due problemi principali: la sovrappopolazione nelle classi; La mancanza di spazi di aggregazione durante il pomeriggio. Per quanto riguarda le classi pollaio, crediamo che sia ipocrita la definizione del Ministero dell’istruzione, che vede rientrare nella categoria le classi composte da più di 28 ragazzi. L’anno scorso, seguendo un percorso di mobilitazioni, abbiamo evidenziato possibili spazi per lo svolgimento delle attività didattiche e sociali occupando edifici abbandonati, quali l’ex Lucernario dell’università Sapienza e l’ex stazione Trastevere”.  

Sotto processo anche il rapporto professore-studente: “Dopo un anno e mezzo di pandemia abbiamo ripreso la didattica in presenza al 100%, ritrovandoci ad affrontare molteplici lacune nell’ambito della nostra formazione personale e scolastica. Tutto ciò ha dimostrato l’inefficacia e la lentezza della didattica frontale, che non va di pari passo con l’evoluzione degli interessi dei giovani – denunciano i ragazzi del Righi – Questo comporta un allontanamento tra la figura del professore e dello studente e una conseguente perdita di importanza del ruolo della scuola nella vita di una ragazza/o. Contribuisce al fenomeno il problema delle “classi pollaio”. Infatti un docente che deve gestire una classe molto numerosa, ha difficoltà a stabilire un rapporto individuale di insegnamento”.  

Solidarietà comunque a professori e personale Ata a cui “da troppo tempo al corpo docenti non viene riconosciuto il giusto valore sociale e la loro importanza per lo sviluppo di una società cosciente e democratica. Per questo motivo, chiediamo al MIUR una netta revisione dei salari, che permetta un giusto compenso rispetto alla professione che svolgono. Inoltre chiediamo che vengano resi obbligatori e annuali i corsi di aggiornamento. Un’altra problematica che ci preme evidenziare – proseguono – è la precarietà dei collaboratori scolastici, costretti, non avendo orari regolari, a doversi organizzare di settimana in settimana per spostamenti spesso interregionali. Sebbene questo problema non ci tocchi in prima persona, infatti, non possiamo negare la nostra solidarietà a lavoratori con cui siamo ogni giorno a contatto e a cui affidiamo la custodia delle nostre scuole”. 

Infine gli studenti del Righi guardano ai danni subiti sul fronte psicologico: “Tutte le problematiche che abbiamo esposto in questo comunicato hanno provocato enormi danni a livello psicologico, che non sono stati ancora seriamente affrontati. Chiediamo che vengano istituiti svariati sportelli di ascolto, e che vengano estesi i Pdp (Piano Didattico Personalizzato) in tutte le scuole. Abbiamo visto come, dopo trent’anni di fondi tagliati alla scuola, la decadenza della classe politica, e lo scarso interesse dei cittadini, il nostro paese invece di andare avanti, sia regredito. L’indifferenza che ha colpito il nostro stato democratico, ha portato gli studenti/esse, che avranno il dovere di partecipare alla vita civica e politica, a disinteressarsi completamente a queste tematiche. Abbiamo quindi deciso di occupare per riprenderci i nostri spazi in cui ci prefiggiamo l’obiettivo di proporre un modello di didattica alternativa che ci responsabilizzi e dia spazio alla nostra coscienza critica. Le nozioni apprese tra i banchi – concludono gli occupanti – non devono essere fini a loro stesse, ma devono essere funzionali ad una crescita a 360 gradi del singolo, colmando le mancanze della didattica tradizionale”.  

(Adnkronos)