75 anni fa la battaglia di Monte Casale, l’ultima della II Guerra mondiale in Italia. Domani il sindaco porterà una corona

75 anni fa la battaglia di Monte Casale, l'ultima della II Guerra mondiale in Italia. Domani il sindaco porterà una corona

PONTI SUL MINCIO – Fu l’ultima battaglia della Seconda Guerra Mondiale e venne combattuta il 30 aprile 1945. Ricorre oggi infatti il 75esimo anniversario della Battaglia di Monte Casale che fu combattuta dai partigiani della Brigata Italia comandata da Enzo (Fiorenzo Olivieri), dai partigiani della Brigata Avesani comandati da Bruto assieme agli Arditi del IX reparto d’assalto che ebbero un sanguinoso scontro con un reparto tedesco della Flak (la contraerea) asserragliatosi sulla cima di una collinetta, il Monte Casale appunto.
Lo scontro, che durò dalla mattina fin verso sera, terminò con una decina di caduti.
Da allora, ogni anno l’Amministrazione comunale di Ponti sul Mincio ricorda con una commemorazione il combattimento. E anche domani mattina, 1° maggio, seppur con una cerimonia assolutamente ristretta, il sindaco Massimiliano Rossi e il vice Paolo Parolini partiranno dal Comune e, dopo la benedizione della corona, saliranno per depositarla alla casamatta sulla cima di Monte Casale.
Transiteranno lungo via Marconi ai cui residenti oggi sono state consegnate le bandiere tricolore con l’invito a esporle domani in occasione della cerimonia. 

Soldati tedeschi catturati dai partigiani della Brigata Italia

LA BATTAGLIA DI MONTE CASALE 

Nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945 un forte reparto di tedeschi proveniente dalle difese sul Po e reduce dallo scontro con carri americani alla corte Podinare nel comune di Ceresara, arrivò in prossimità di Ponti sul Mincio. L’intenzione era quello di aspettare l’arrivo degli americani e di arrendersi a loro, e non ai partigiani per paura di rappresaglie, in quanto già le forze tedesche in pianura erano tagliate fuori dai collegamenti con i reparti germanici a nord del lago di Garda in quanto già la 10ª divisione da montagna americana aveva occupato il territorio.

Il resto della colonna, un’ottantina di uomini, passò inosservato nei pressi del paese e poi salì sul Monte Casale dove, un anno prima, aveva condotto esercitazioni. Il primo gruppo fu subito attaccato dai partigiani di Monzambano e Castellaro che riuscirono ad avere la meglio e ridurlo prigioniero. Il secondo, attestato sul monte, venne via via segnalato dalle vedette partigiane ai vari distaccamenti. Già dal mattino i tedeschi dalla sommità cominciarono a sparare sulla strada di Monzambano per aprirsi un varco. Un colpo freddò l’ortolano Giuseppe Bompieri che accorso a una finestra voleva rendersi conto di cosa succedeva. Sotto il colle si radunarono alcune squadre del Battaglione G. Dusi della Brigata Avesani e alcune della Brigata Italia, comandate rispettivamente da Luigi Signori e Adalberto Baldi.

Signori dapprima invitò i tedeschi alla resa per poi chiedere aiuto (tramite Richard A. Carlson, un americano inquadrato nella 10ª divisione da montagna Usa) agli Arditi della 104ª compagnia, IX reparto d’assalto del Gruppo di combattimento «Legnano», che stazionavano a Peschiera. In poco tempo arrivò in soccorso una trentina di uomini sotto il comando del capitano Agostino Migliaccio. Presto una quindicina di tedeschi si consegnarono come prigionieri, ma il resto del reparto continuò a combattere rifiutando di arrendersi. Gli Arditi e i partigiani decisero quindi di tentare di avvicinarsi strisciando fino alla linea del filo spinato. Ormai era piena battaglia: crepitavano le armi automatiche, i mortai martellavano la cima e le granate del cannone investivano la casamatta della sommità. Alle 17.30, dopo un fuoco durato quattro ore, Monte Casale fu conquistato. Venne catturato il comandante, un giovane tenente, si dice delle SS, gravemente ferito, e poi il resto della compagnia. Nelle trincee furono rinvenuti otto tedeschi uccisi, fra cui quattro o cinque per mano dello stesso tenente perché avevano tentato di arrendersi. Qualcun altro morì altrove o per ferite o perché giustiziato in modo sommario dai partigiani. In totale una decina di caduti e 38-40 prigionieri.